Nonostante il pietoso flop della mia recensione dell'album di Ric Ocasek "Quick Change World" (zero commenti al 31.03.2007), continuo ad incaponirmi con lo stesso artista. "Negative Theater" è l'intero "Left Side" che Ocasek aveva in mente di proporre nel "Quick Change World" come da egli stesso fu inteso inizialmente.
Per ricapitolare brevemente, "Quick Change World" era un doppio cd che la Reprise si rifiutò di pubblicare. Ocasek scelse di proporre, solo negli USA e con lo stesso titolo, un lavoro omonimo in un solo cd, le cui prime sette tracce erano del cd1 (il "Right Side") e le restanti sei del cd2 ("Left Side").
Questo album, invece, altro non è che il "Left Side" dell'originale progetto "Quick Change World", tra l'altro pubblicato solo in Europa. Il disco inizia esattamente come comincia la seconda metà di "Quick Change World" (quello edito), ovvero col terzetto "I Still Believe"/"Come Alive"/"Quick Change World" (che oltre ad essere il titolo di un progetto non realizzato e di un disco edito negli Usa, è anche il titolo di una canzone), delle quali si è parlato nella recensione precedente. Segue "Ride With Duce", dove Ocasek parte grintoso per poi finire per parlare a tempo. Mette troppi "yeah yeah" tra verso e verso, tra verso e ritornello, perché sa di aver composto un pezzo "lacunoso". Canta solo nel ritornello, note lunghe che male si addicono alla sua voce flebile. Poi che combina? Si mette in falsetto… Lasciamo stare, va'. Un Ocasek che ha bisogno di autoincitamento, si direbbe. In difficoltà.
Poi è il turno di "What's On TV" (rece-prece). "Shake A Little Nervous" inizia con un buon basso, quindi salgono tastiere dozzinali, e poi è la solita spoken word, meglio interpretata di "Quick Change World" e più ispirata. Intendiamoci, anche la migliore tra le spoken word songs, per il gusto di chi scrive, non vale quanto una discreta canzone, e se tra le spoken word di Ocasek si deve scegliere per forza, chi recensisce predilige quelle cupe, perché più d'atmosfera, e non quelle "di buonumore" come questa. Alla fine questo brano non decolla mai, bensì scivola via (si direbbe nel cesso).
Di quanto brutta sia "Hopped UP" si è già scritto in precedenza. "Take Me Silver" è una pop-rock-spoken word-song come "Ride With Duce"; va meno veloce ed ha versi meno "parolosi", la voce lascia spazi più ampi alle ritmiche, rendendo il tutto meno pretenzioso ma più "funzionale". Poi che combina? Decide di canticchiare innestando un ritornello che ci sta bene come un masso starebbe bene su una candelina, di quelle per le torte di compleanno. Segreterie di appartamenti al centesimo piano di un grattacielo, vite solitarie in mezzo a milioni di altre esistenze mute… : questa è "Telephone Again", 58 secondi per non morire.
Ed eccoci al migliore episodio del disco: Alan Vega delira, sussurra, scimmiotta, sveste, dilania, sparge maledizione, esce dalla concettualità di Ocasek per ricordarci che il cuore è ancora un muscolo, che vibra e sferza forte. Le tastiere a mo' di piano (metteteci pianoforti veri!!!!) muoiono in poche note, il basso comincia una cavalcata senza sosta, la chitarra piange, come in una nenia infinita, il suo arpeggio; poi Mr. Vega fa il suo show mentre tastiere alla Enigma salgono a dare un tono più epico, grazie a dio senza rovinare niente. Ritornello di consapevolezza di Ocasek per un brano bellissimo che non vorrebbe mai terminare la sua corsa, la sua "Race To Nowhere". Il finale è assurdo, anche per chi ha metabolizzato da tempo i Suicide, e sebbene faccia parte della song, nel booklet, tra le lyrics invece, viene indicata a parte a parte col titolo "Torture Dreams by Alan Vega". Altro non è che una poesia-spleen del buon Alan, uno di quelli che non ci fa, potete giurarci!
Dopo l'incazzatura arriva il momento di placarsi, di riappacificarsi, di supplicare "Help Me Find America", o meglio ancora "help me find" l'America in cui si riconosce Ocasek (non quella bushana, si potrebbe azzardare): la gente e la vita sono più crudeli e violente di una volta, di quando lui aveva vent'anni. Ogni sera suonava per 15 dollari nei locali di New York ed ogni notte dormiva nella vasca da bagno di un amico conosciuto/sconosciuto. Prova a farla ora, sta vita a New York, prova a fare il libertino, lo scapigliato in attesa di un label con una major, sembra suggerire… Ieri si che erano tempi: 15 dollari al giorno erano tutto ciò di cui avevi bisogno: Il resto, tutto il resto, ce l'avevi di già. "Everybody was excited" scrive nel booklet, "provando a fare le cose che amavano, una delle quali era 'fare la gente'" conclude. Teatro negativo anche per questo, cioè gli spettatori, la gente appunto, che diventano protagonisti. Il brano "Help Me Find America" non è un granché, in fin dei conti, ma è confezionato benissimo (troppo bene?). Ma è il brano chiave, che ti aiuta a comprendere che questo non è un "Left Side": è un autentico concept!
"Who Do I Pay" inizia molto carina, ma le immancabili tastiere-giocattolo rovinano tutto. Il risultato è una specie di punk convulso inascoltabile, ovvero il fratello gemello eterozigote scemo di "Come Alive". Con "Wait For Fate" ci si approssima alla conclusione. Su sound anni very '80 ma ben scandito ed ossessivo, la voce di Ocasek, moltiplicata proprio come piace a lui, recita molto bene. "What Is Time" inizia che sembra un pezzo dei Technotronics (!) (a chi piacerà sta roba nel 1993?), forse troppo ripetitivo e con strofe che durano troppo poco prima che prenda piede il ritornello-refrain "what is time/ to you and me/ what is time/ eternity". Ma ha un buon ritmo (per forza, se è dei Technotronics!) e scorre senza affaticare.
La finale "Fade Away" (ottimo titolo per finire un cd) sembra tirata fuori da un giardino giapponese pieno di bonsai e canne di bambù che travasano acqua dai ruscelletti… Ancora il modo di suonare della voce che sin dal disco "Door To Door" dei Cars ha ossessionato Ocasek, questa stessa voce cerca di cantare i suoi versi senza infastidire un violino da canzone popolare dei villaggi vicino Sapporo. In effetti, si sa e come raccontò Tiziano Terzani, il Giappone è la patria dell'infinitamente piccolo, della cura maniacale del dettaglio (chi vuole saperlo, legga la recensione di questo cd, o legga i libri di Tiziano Terzani - soprattutto l'ultimo - oppure acquisti una Lexus). Ovvero del minimal, e tutto questo disco (seppur ricco di suoni) è puro minimalismo.
Ricapitolando, Ocasek c'azzecca con 2 gemme di un minuto/un minuto e mezzo, suona 3 protopunk metropolitani, prova con 2 spoken word "felici", un paio di rockeggianti ed altre 3 di maniera, cupe, ma di qualità. Quindi ficca dentro due ballate minimal e cede il mike e la luce ad Alan Vega con "Race To Nowhere".
La spoken word su base rock non funziona: 0 su 2; il proto-punk va bene solo su "Come Alive": 1 su 3; le "gemme" sono splendide: 2/2; le minimal ballads una tiene botta l'altra è superba: 2/2; le spoken words "buonumoriste" suckano: 0/2; alla spoken word cupa e d'atmosfera di Ocasek siamo abituati, ma è tutta roba apprezzabile: 3/3. Per un totale di 8 pezzi buoni su 14. L'ago della bilancia pende definitivamente in favore dei pezzi buoni grazie ad Alan Vega ed a "Race To Nowhere", per così giungere ad un positivo 9 su 15. Posto che dirò fino alla morte che la migliore spoken word non vale una buona canzone (e che la canzone di Cristicchi a Sanremo non mi è piaciuta proprio nemmeno un pelino), dirò che, se questo concept avesse avuto qualche altra spoken word tetra, un'altra ospitata di genio incompreso/incomprensibile (la morte sua sarebbe stata Nick Cave, che Ocasek stesso ha fortemente contribuito a lanciare negli USA), e se gli episodi punk rock fossero stati degni di "Come Alive", le 5 stelline non gliele levava nessuno. Ma Ocasek, da sempre produttore/amante di se stesso, non ce la fa proprio a dirsi "Ric, questo pezzo proprio non va bene"…
Uscito in Europa in un periodo in cui tutto ciò che veniva dagli USA doveva essere grunge, o far finta di essere grunge, o, nella migliore delle ipotesi, essere grunge unplugged, con i suoi suoni così anacronisticamente perfetti, col suo autore che non va più forte in chart dal 1988, e che non è riuscito a trasformarsi in oggetto di culto tipo David Sylvian o à la Tom Verlaine, questo disco andrà peggio che andar di notte. Ocasek non riuscirà neppure a riportare la critica verso di sé, anzi peggiorando il tutto, quando amplierà lo state of mind della pur ottima "Race To Nowhere" tirando fuori dal cilindro in comune con Alan Vega un doppio cd, dal titolo "Getcherticktz" ("get your tickets"), lavoro letteralmente massacrato dagli esperti.
La stagione all'inferno di Ric continuerà fino al 1997, anno in cui il buon Ric s'incontra con un ragazzo stralunato di nome Billy.
Elenco e tracce
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