Delle volte ci sono cose che prendono tutt'altra piega di come avreste immaginato. Guardate Wade Porter, ammirabile padre di famiglia, rispettabilissimo cittadino americano; una notte mentre dorme si ritrova un intruso a casa e il suo istinto protettivo lo mette nei guai. Qui non c'entra l'odio, qui non c'entra la propria posizione sociale, Wade diventa cieco avanti il pericolo che qualcuno faccia del male ai suoi cari, insegue così l'innocuo ladruncolo uccidendolo involontariamente con uno sfortunato colpo di mazza da baseball.

La favola è al capolinea, Wade è colpevole di omicidio, ha ucciso un uomo disarmato e finisce in carcere. Inutile promettersi di restare fuori dai guai, in galera o fai parte di una fratellanza o sei un uomo morto. Fai la spia e muori, non esegui gli ordini di un capo e muori, non combatti e muori, non ti fai rispettare e muori, indispettisci un secondino e ti fa morire. Nulla a che fare con la vita tranquilla di cui si era abituato, era l'inferno.

Subito, novellino ed inesperto viene immischiato in un omicidio tra bande. La guardia carceraria, sadica e spietata lo prende d'occhio dandogli del filo da torcere. Lo coinvolge ancora di più in quell'ostile territorio, rinchiudendolo nella stessa cella con John Smith (Val Kilmer) un ergastolano di cattiva fama, lasciandolo in isolamento tra i più famelici assassini dello stabilimento.

Wade non solo impara a districarsi nell'intrigata ragnatela di regole dettate dai detenuti, comprende  che i più pericolosi criminali sono i secondini, uomini senza scrupoli, sfruttatori di violenza e partecipi organizzatori di risse tra prigionieri, anche all'ultimo sangue.

Il protagonista che si vede sfumare la vita da sotto gli occhi, crede di aver perso tutto: sua moglie, suo figlio e la sua dignità. Diventa così un gladiatore e nell'ora d'aria si vede sempre più partecipe a scontri sanguinolenti assistiti con gioia delle guardie. Il riavvicinamento della compagna però gli fa riaprire gli occhi e con l'aiuto di Smith riesce a uscire da quell'incubo, incastrando il sistema.

Questo film sembra incentrare il suo significato nelle sofferenze carcerarie, ma va ben oltre. Sia Wade Porter,  John Smith che la guardia nera vogliono portare a termine un discorso di onore: la famiglia. Wade finisce in questo stato prima per proteggere, poi per poter riabbracciare i suoi cari, John  invece visto come un cinico detenuto fa capire che la sua fredda crudeltà è nata solo dal momento che sua moglie e sua figlia sono state brutalmente assassinate. Identico discorso per le guardie, il loro principale pensiero è quello di difendersi per poter tornare a casa. Tutti si proteggono in una differente maniera, ma tutti sono dei splendidi esempi di capofamiglia. Ognuno di loro è una bestia distinta, ognuno di loro ha affinato una tecnica differente per tutelarsi. Chi con la forza, chi con i ricatti, chi con la crudeltà, chi con la mente, fatto sta che nessuno rimane con le mani in mano. In un ambiente simile gli uomini si trasformano in lupi affamati, pronti a sbranarsi tra di loro pur di proteggere la prole. 

Questo è buon film, il messaggio è splendido ed è interpretato più che bene. Nessuno però può confonderlo con una pietra miliare. L'originalità è scarsa, diciamo che si sente l'influenza di svariati film del genere. La parte migliore è quella di Val Kilmer mentre trovo Stephen Dorf  (Wade Porter) poco convincente, un po' troppo forzato in parti non adatte a lui. La sceneggiatura a volte cade in quell'americanata media come del resto dei tratti della trama: la storiella d'amore tira-e-molla, la protezione immediata (direi scontata) da uno degli ergastolani più pericolosi, il poliziotto buono contro i mille cattivi e il direttore finto cieco che ha una parte tanto perché ci sarebbe dovuta stare.

In conclusione posso giurare di aver passato una bella serata in compagnia di questo film, non aspettatevi chissà quale capolavoro ma un occhiata la merita pienamente.

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