C'è chi suona e chi gioca. E il gioco consiste nella vendita della propria immagine creandosi un personaggio. C'è chi ci riesce. Ed è per questo che apprezzo Richard Henry John Philip Benson (o Riccardo Bensoni, ai posteri l'ardua sentenza). Non sa suonare, non sa comporre, inventa storie assurde e i suoi concerti sono un tour de force nella risata, eppure è un vero personaggio.
Mi è passata l'idea di recensire il suo disco "solistico" come direbbe il buon Riccardo...e che dire? Il disco si apre con la title track, Madre Tortura... ma quante risate sentire Benson che fa il verso (volontariamente o non so) a Renato Zero. Peccato, perchè la base è buona, è trasportante, ma Benson... no... non può prescindere dalla sua tecnica incredibile e ci regala assoli sporchi, incredibili nel senso cattivo della parola... scale fuori tonalità... confuse.. e non cambia la situazione nel blues forse abbastanza azzeccato di "C'è ancora un colore nella notte". Brano gradevolissimo ma dite a Benson di smetterla con il suo "pick fall" (a proposito... qualcuno ha mai capito come si esegue questa tecnica di cui si fa pioniere?) perché quando parte mette in mezzo note che non c'entrano una mazza.
E poi ecco il vero capolavoro comico del disco: "Gerarchie Infernali" è una poesia. Niente musica solo lui che grida come un forsennato contro clero e religione. Quando credete di esservi salvati dalla sua ipervelocità vi sbagliate: ecco arrivare la melodia di "Adagio in RE" e Benson ce la mette tutta per cercare di fare qualcosa di buono ma ahimè... non ci riesce. Chiudono il disco le basi delle canzoni come invito a suonarle per i fan.
Disco arduo da digerire. Ma forse è giusto così: Benson gioca su di sé e non sulla sua musica. E' un personaggio, fa ridere e anche questa sua "grande tecnica" è un aspetto gradevolissimo della sua comicità.
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