Per definire il concetto di coppia sbagliata, i cui componenti cercano inutilmente in un nuovo rapporto amoroso una sorta di realizzazione esistenziale Goethe parlò di affinità elettive, un capriccio che conduce a intuire un'alchimia che non c'è per poi sfociare nell'adulterio e concludersi nella sofferenza. A distanza di quasi duecento anni le cose sono cambiate e la morale comune suggerisce alla coscienza di scontare delle pene inversamente proporzionali alla obiettiva gravità dei fatti, ricercando in sé stessi indulgenza più che espiazione, una pratica questa che però, a quanto pare, non travalica i confini della più stretta individualità. Perché quando si entra a conoscenza che un uomo ha commesso un crimine, si è subito disposti a renderlo "l'altro da noi", come se fosse il solo a aver potuto concepire e porre in essere un atto delittuoso. Quando infatti la relazione extraconiugale di Sheba Hart con un suo studente quindicenne diventa di dominio pubblico, la benpensante borghesia londinese non esita ad affilare le sue lame contro di lei.
Dietro Sheba Hart c'è una storia. La storia di una ragazza trasgressiva che si è trovata in un batter d'occhi ammogliata e con figli (Di cui uno affetto da Sindrome di Down), ad insegnare arte in un liceo e ad abbandonare borchie e vestiti laceri nel suo passato punk. Poi Sheba ha incontrato un'amica, Barbara, anche lei insegnate ma di molti anni più vecchia. Anche Barbara ha una storia, ma differentemente da Sheba, ha annotato ogni singolo giorno del suo passato in un diario sul quale riporta qualunque episodio della sua vita, dal più banale al più importante. Incolla scontrini e fotografie, parla delle donne che ha segretamente amato. Sheba è il suo nuovo interesse e deve legarla a sé. Scopre la relazione con il quindicenne Steven e la minaccia di dire tutto. Lei è ovviamente spaventata e le promette di rinunciare al ragazzo. La semplicità delle parole, strappate tra l'altro con il ricatto, non sempre riescono ad ottenere corrispettivi pratici. Così Sheba non solo continua ad incontrare Steven ma inoltre trascura Barbara che si vendica, riportando tutto ad un collega. Sheba è scacciata dal marito e dalla scuola, insieme a lei Barbara è costretta a rassegnare le dimissioni perché a conoscenza dei fatti, e per quella storia morbosa con Jennifer, sua ex collega. Si rintanano in casa di Barbara come due peccatrici in penitenza ma Sheba scopre la verità leggendo il diario, scopre chi è davvero Barbara ma è ormai troppo tardi.
A Richard Eyre non interessa affatto scagionare Sheba da qualsiasi condanna morale, fedele com'è nella sceneggiatura al romanzo di Zoe Heller dal quale il film è tratto. D'altronde sarebbe banale puntare il dito contro di lei e altrettanto controproducente, per la pellicola stessa, rendere l'immagine di una protagonista adescatrice di ragazzini. Eyre si muove su un terreno di sicuro più insidioso che è quello dell'analisi introspettiva dei personaggi. La voce narrante di Barbara che scrive sul suo diario è uno strumento più che favorevole per trasmettere l'idea di una "vergine inacidita" che "crede di essere la nuova Virgina Woolf". Barbara è in effetti il risultato di quella pratica intima che porta il peccatore a cercare il perdono ancor prima della pena di cui sopra. L'omosessualità celata fra le pagine di un quaderno rappresenta per lei una scorciatoia atta ad evitare le ostilità derivanti dalla pubblica ammissione, una scorciatoia che la porta ad accettare il pregiudizio e a stagnare in un'inevitabile morbosità. Sheba ha invece sperimentato le ostilità fugate da Barbara ma poi si è stancata. Ha fatto armi e bagagli e ha optato per la vita comoda della donna di provincia che si divide fra famiglia e lavoro. La sua educazione però si rivela compatibile con il nuovo tenore di vita fino ad un certo punto, anticipa la crisi di mezz'età e cede alle advances del suo alunno minorenne. I metodi suggeriti da Barbara a Sheba per riportarla sulla "buona strada", prescindendo dai doppi fini, sono pur sempre bugie. Nessuna delle due donne è infatti capace di arrivare a monte della questione, ricercando le motivazioni profonde del gesto: l'una crede nella menzogna, l'altra nell'assuefazione.
E' indiscutibile che Eyre non sarebbe mai riuscito a realizzare un'opera simile senza l'appoggio di due dee del cinema mondiale: Cate Blanchett (Sheba) e Judi Dench (Barbara). Le due attrici si dimostrano non solo capaci di modulare una forte quanto malata tensione omoerotica fra i personaggi ma riescono a ricreare un'atmosfera di verosimiglianza tale da far sembrare che la cinepresa non le stia riprendendo ma che le spii. Gli atteggiamenti affettati riprodotti dalla Dench sono tutto quello che rimane al suo personaggio delle giovanili aspirazioni di gloria e celebrità, in contrasto con la sensualità schietta di Sheba - Cate, castigata sull'altare dei sacrifici domestici. La scena catartica in cui Sheba grida tutto il suo disprezzo per Barbara, la stampa inglese che le si accanisce contro, è esemplificativa proprio delle estreme conseguenze cui può condurre il caos al di sotto di una tranquilla casa borghese o fra la perfezione ortografica di un diario segreto.
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