Basta poco, una generazione o due, e si crea un abisso.
"La Capanna dello Zio Tom" descriveva una società afroamericana schiavizzata e seviziata, ma comunque forte della speranza, della fede religiosa. Ora (1938), i figli di quello zio Tom si ribellano. Fanno marce per i loro diritti, addirittura uccidono, seppur involontariamente o costretti, dei bianchi.
Gli Stati Uniti stanno cambiando e gli scrittori come Richard Wright e altri suoi coetanei (Langston Hughes, James Baldwin, Ralph Ellison, per nominarne alcuni) lo raccontano al mondo. Questo libro apre un varco nella società nera di quegli anni, a metà fra l'idea antica di sottomissione al bianco e le battaglie degli anni '50 e '60 per l'uguaglianza sociale e politica. Cinque racconti, cinque storie nere, cinque spaccati di morte, sopravvivenza e resistenza.
Wright ci mostra un mondo che noi possiamo solo confusamente immaginare, colori vividi alternati al senso di nero, di grigio che pervade queste pagine, lividi sulla pelle di un popolo ancora considerato schiavo e inferiore. L'autore tratta temi pesanti, utilizza a volte un linguaggio basso, popolare, ma riesce a racchiudere il concetto di verosimiglianza in una bolla di eleganza e maestria.
Come possiamo pretendere di abbattere le mura del razzismo, se non conosciamo gli altri, la loro storia la loro cultura e letteratura, la loro arte, se non conosciamo l'altra sponda del fiume?
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