Avevo perso un po' di vista i Rise Against negli ultimi mesi, mettendoli da parte nella mia personale playlist, dopo essere rimasto folgorato tempo fà, da quel gioellino che va sotto il nome di "Revolutions Per Minute", che avevo consumato a dismisura, oserei dire stra-ascoltato, prendedomi una sbornia, da cui ancora devo riprendermi.
Ero curioso di mettere le mani sulla restante discografia dei nostri, ma difficilmente avrei immaginato, che quel trattato di hardcore melodico moderno, potesse venire eguagliato e forse addirittura superato in termini di qualità di canzoni, tenendo conto che "Siren Song Of The Counter Culture", terzo disco, segna un passaggio importante, quello ad una major, dopo che i primi due dischi erano stati distribuiti dall'etichetta indipendente di Fat Mike.
E' quindi erano in molti ad attendere questo nuovo capitolo discografico, per vedere se il tanto temuto effetto major, avesse portato novità o scossoni nella proposta musicale del quartetto di Chicago. Ma basta schiacciare il tasto play sul lettore di turno e far partire le note infuocate e sorprendenti dell'opener "State of union" (a cavallo tra Hatebreed e SOIA), uno dei pezzi più cattivi e bastardi della discografia, che i Rise abbiano mai composto, per capire che non è cambiato molto dalla precedente release, e questo è un bene. Ottima partenza completamente urlata, tenendo presente, che difficilmente, abbiamo sentito il combo toccare certi lidi e certe sonorità, risultando quasi come un "caso" a parte all'interno dalla variegata scaletta del disco.
La tracklist va avanti in maniera fluida come dimostrano anche "The first drop" un tipico pezzo à la Rise Against, con tanto di doppie voci e cori che supportano un anthemico ritornello e "Life less frightnening" leggermente più melodica della precedente, in cui viene dato buon risalto alle ottime linee di basso, sempre azzeccate e che aiutano a rendere il muro sonoro ben costruito. Se "Paper wings" risulta essere il pezzo forse più canonico e prevedibile col suo alone teen, convince decisamente il tris centrale formato da "Born to bleed" dall'ottimo solo centrale, la tirata "To them streets belong" (dalla struttura originale e incalzante, con un inizio e finale da incorniciare) e l'ottima "Tip the scales" che risalta come al solito l'ottima ugola di Tim McIlrath, probabilmente la miglior voce della scena punkrock/hc melodico attuale, calda e passionale nelle parti lente e rauca e grezza in quelle più movimentate.
La seconda parte, si dimostra la vera marcia in più del disco, in cui la qualità invece di abbassarsi, arriva a livelli elevatissimi, evitando qualsiasi sensazione di noia. Dalla coinvolgente e ritmata "Anywhere but here" che sfocia in un refrain corale gioioso e azzecatissimo alla sottovalutassima "Rumors of my demise have been greatly exaggerated" è un alternarsi continuo di inni per la gioa di chi questo genere continua a seguirlo indipendentemente da mode o quant'altro. In mezzo è impossibile non citare la toccante "Swing life away" ballata per chitarra acustica in cui McIlrath prende le redini del gioco, dimostrando come può essere espressiva e saper emozionare una voce supportata solo da una spoglia chitarra e "Dancing for rain" (la "Like the angel" del cd), con la sua struttura complessa che da un'intro di chitarra acustica sfocia in delle strofe punk-rock e in ritornelli prettamente rock prima che torni al motivo iniziale, esplodendo infine nuovamente nel finale con gli ottimi scream del cantante. Infine va citato anche il conosciuto singolo "Give it all" già edito all'interno della compilation "Rock Against Bush" e qui ripreso.
Punti di forza di "Siren Song..." sono sicuramente anche l'ottima produzione, il songwriting ispirato e una tracklist convincente e variegata come non mai capace di passare da momenti di raccoglimento a parti veramente dinamitarde. Difficilmente ci si sarebbe potuti immaginare un miglior seguito per "Revolutions Per Minute" che viene quindi anche superato, con le coordinate stilistiche di quest'ultimo che vengono riprese in quest'ultimo capitolo, con la sola leggera diminuzione di qualche parte più urlata, nel precedente episodio più presente.
A conti fatti "Siren Song Of The Counter Culture" rappresenta tutto quello che oggi un disco del genere dovrebbe possedere e essere: testi impegnati e tanto divertimento da creare una forte dipendenza nell'ignaro ascoltatore, che lo porterà a premere senza dubbi il tasto repeat sullo stereo.
Gli alfieri incontrastati dell'hc melodico a stelle striscie e mondiale, rimangono ancora loro.
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