A distanza di due anni dal precedente e ottimo "Siren Song Of The Counter Culture" tornano i Rise Against di Chicago con un altra ondata rinfrescante di hardcore melodico.
Se il precedente debutto su major aveva visto in parte una diminuzione dei tempi serrati precedentementi utilizzati per dar maggiore spazio ad una evidente varietà stilistica, qui si ritorna in un certo senso sui binari, eliminando quelle strutture più elaborate (si legga "Dancing for rain" o "Paper wings" del precedente disco), per tornare ad un impatto più diretto.
Si parte a mille con "Chamber the cartridge" e si continua a meraviglia con uno dei migliori pezzi mai partoriti dalla loro penna "Injection" che vi porterà a premere il tasto repeat sullo stereo con un accoppiata riff/refrain da paura!
Fin qui tutto regolare, con dinamiche, mood e strutture che i fan del gruppo hanno già imparato a conoscere ed amare, alla cui lista si iscrivono pure "Worth dying for" e la terremotante e detoneggiante "Drones" episodio chiave poche dubbi, con un McIlrath particolarmente ispirato e chitarre particolarmente affilate che si sorreggono su buone linee di basso, che fanno capolino durante la traccia.
Se la festosa "Bricks" sembra profumare di California da tutti i pori e "Under the knife" rientra nei classici canoni, i pezzi più conosciuti sono i due singoli principali: "Ready to fall" e "Prayer of the refugee", che apportano qualche novità alla tavolozza generale del quadro.
La prima delle due, nonostante abbia una velocità di crociera bassa, si fa apprezzare per la scelta azzeccata di creare momenti di contrasto all'interno della stessa canzone, ove parti più lente e melodiche, sono sfruttate con lo scopo di prepare il terreno per le esplosioni improvvise nel pre-chorus, ove Tim dà il meglio di sé negli urlati.
"Prayer of the refugee" al pari della toccante e introspettiva ballad "Roadside" (con una guest vocalist femminile a supporto e violini), porta in dote quell'atmosfera e mood malinconico che difficilmente avevamo scorto tra il songwriting del combo, salvo poi al pari dell'altro singolo, esplodere e cambiare marcia con dei ritornelli tirati e veloci.
Tuttavia il pezzo che più desta curiosità è "Approaching curve" per la singolare scelta di alternare strofe puramente parlate e narrate a refrain invece cantati nel classico stile.
Il disco viene chiuso da altri buoni pezzi tra cui si segnala "Behind closed doors" un ottimo anthem che infuocherà il pit ai loro concerti tra assoli funanbolici e grande dinamismo e cori e un inno a pieno regime qual'è "Survive" in cui si può notare una parte corale a metà percorso davvero ben fatta. Un saliscendi dolce, che si apre in ritornelli dal sapore epico.
Tirando le somme mi risulta davvero difficile, tra questo e il precedente disco riuscirne a mettere uno davanti all'altro, e questo è molto a discrezione del singolo ascoltatore sé preferisce un songwriting più cesellato e curato o qualcosa di meno elaborato. Nel mio caso la preferenza và leggermente a favore del precedente.
Quello che invece è certo, e che i Rise Against continuano a sfornare ottimi dischi e non deludere la schiera di fedeli che li segue intorno al globo, e che anche grazie a quest'ultimo lavoro, è destinata a crescere.
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