Io adoro gli Anni Ottanta. Più plasticosi e poppettari sono, più mi piacciono. È tipo un fetish inconfessabile, che conoscono solo i più intimi amici, familiari e ragazze che conosco da più di due mesi. Mentre sto scrivendo sto ascoltando i Talk Talk che mi stanno gasando come se fossero Dvorak. E, come da copione, adoro i film di Rob Reiner, colui che ci regalò perle come Stand By Me e quel filmone che è This is Spinal Tap. E confesso che, fino a ieri, non avevo mai visto The Princess Bride, tradotto in Italia con quel titolo vergognoso che mi rifiuterò di nominare in questa sede. Ma non l'ho mai detto a nessuno e facevo finta di cogliere le milioni di citazioni su internet annuendo, sorridendo e glissando allegramente. Tutto questo fino a ieri.

La trama è classicamente fantasy-fiabesca: una principessa, un principe cattivo, un coraggioso cavaliere che la vuole salvare. Ma è il modo in cui viene raccontata ed i personaggi che la popolano a renderla memorabile. Iniziamo con un bambino che gioca a baseball su una console deliziosamente 8-bit (iniziamo benissimo) e viene interrotto dal nonno (Peter Falk, signori) che per alleviare la febbre del nipotino prende a raccontargli una storia, quella della Princess Bride, appunto. Nei minuti iniziali conosciamo buona parte dei personaggi principali ed una serie di personaggi secondari indimenticabili. Primi fra tutti lo spadaccino Inigo Montoya (Mandy Patinkin) e il gigante Fezzik (Andre the Giant, signori). Questi ci porteranno lungo tutta una serie di avventure dense di amori, duelli, cavalieri, torture con le ventose (?) ed una caterva di ulteriori personaggi come l'Albino e Miracle Max (Billy Crystal, signori), creando uno spettacolo avvicente e assolutamente divertente.

Come ho detto prima, il film ha talmente tante battute memorabili che su internet abbiamo letto e riletto praticamente tutta la sceneggiatura sotto forma di citazioni. Ma è Mandy Patinkin che ci regala forse il migliore personaggio del film, uno spadaccino dall'accento iberico in cerca di vendetta per il padre ucciso e la cui frase tipica (Hello, my name is Inigo Montoya. You killed my father, prepare to die) è entrata nella leggenda. Per non parlare di Billy Crystal, che nei suoi pochi minuti in scena regala delle risate memorabili ed è palese quanto Patinkin stesse soffrendo per trattenere le risate sul set.

Rob Reiner fa il suo sporco lavoro, creando una festa Anni Ottanta deliziosa, piena di scenografie fintissime e kitsch che rendono il tutto ancora più gradevole. Veramente un ottimo modo per passare una serata, ancora meglio se conclusa con un ascolto approfondito di Rio dei Duran Duran.

Vedetevelo.

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