Più grande di due anni di sottecchi l'hai spogliata centinaia di volte guardandola da debita distanza; le tue mani conoscono meglio delle sue la curvatura della schiena, la linea del seno, il profilo del viso e quelle fossette che ti fanno andare pazzo. Quel cuscino tra le mani come se fosse lei, proprio lei, ad essere finalmente inciampata, chissà come, nel tuo letto pieno di ormoni e frustrazioni. Stesse vie, medesima città, ma compagnia ed età irrimediabilmente diverse. Quella minima distanza temporale è sadicamente bastarda, perché due anni a trenta non sono nulla, ma nel pieno dell'adolescenza sono un muro con filo spinato e mitragliatori spianati pronti al fuoco. E così non ti resta che guardarla da lontano; non le parli nemmeno e ti consumi di dolore fino a che, il cambio di scuola la spallata decisiva, te la dimentichi e lasci che il ricordo sfumi tra i ricordi dolci-amari. Dopo un decennio la rivedi e con una batteria black metal al posto del cuore cerchi di avvicinarti con un passo deciso. Tutto quello che in un amen si era riacceso come il secco "clic" di un interruttore, eccosi spegnersi definitivamente: quel sogno adolescenziale, infatti, aprendo la sua bellissima bocca ti aveva teletrasportato al porto più vicino, come se stessi facendo il filo al più classico e stereotipato scaricatore.

Non è raro che le attese, specie se particolarmente anelate nel tempo, vengano disattese. Non sempre per fortuna.

Liberamente tratto dal meglio della penna di uno dei miei autori preferiti, il minimalista Raymond Carver,"America Oggi" gode di una colonna vertebrale particolarmente solida sulla quale Robert Altman ha potuto lavorare tranquillamente appoggiandoci sopra una tonnellata di minuti (180!). La produzione, evidentemente con ben poche limitazioni di budget, ha permesso al regista di poter dirigere un cast composto da un paio di righe di star di Hollywood. Dico un paio di righe e non esagero: non abbisognerei nemmeno di usare l'arial 24 per riempirle. I racconti in fase di sceneggiatura sono stati oggetto di un paio di taglienti forbici e di ago e filo. Tale manomissione degli scritti poteva essere, già di per sé, un motivo sufficiente per arrecare un fastidioso prurito, sabbia nelle lenzuola, alcool etilico negli occhi (pare sia l'ultima moda tra i più giovani).

Detto ciò devo ammettere che mi è piaciuto molto il modo con il quale Altman ha legato in modo artificioso quello che in principio era separato; la resa visiva si è sorprendentemente avvicinata a quello che mi ero immaginato mentre sfogliavo i racconti. "America Oggi" è un film che, vestiti e capelli a parte, è invecchiato assai bene: la fotografia spietata di una società complessa in gran parte decadente, narcisistica, meschina, egoista e al contempo speranzosa e fragile che è alla costante ricerca dell'equilibrio necessario per affrontare i problemi quotidiani imposti dal ritmo frenetico. Se si esclude un episodio la violenza non viene analizzata in modo diretto, ma ciò non toglie che la cinica freddezza di molte scene sia un colore preponderante nel quadro di Altman. Una tinta fosca ed in gran parte senza appello.

Vent'anni fa le problematiche esposte potevano sembrare affini solo ad una parte marginale, quella metropolitana, del nostro paese. Adesso, sfogliando un giornale in un qualsiasi giorno della settimana, possiamo realizzare come il minimo comun denominatore invisibile che unisce le esistenze dei protagonisti di "America Oggi", trovi un riscontro, seppur non così estremizzato, anche nel nostro provinciale quotidiano. È un'opera cinematografica di grande livello capace di non smorzare le attese che avevo covato prima della visione. Sono allergico alle opere particolarmente lunghe ma in questo caso le tre ore sono trascorse molto velocemente grazie alla scorrevolezza della trama, al ritmo del film e alla bravura del cast che hanno parafrasato in immagini la prosa di un grande autore.

Nella remota eventualità che non lo abbiate ancora guardato, vi invito a farlo.

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