I giorni dello sgargiante Percy sono finiti. Il tempo lo ha segnato, nel fisico e nella testa. Il sogno di immortalità si è spezzato con la tragica e prematura scomparsa dell’amico di sempre, John Bonham. Insieme avevano cavalcato l’onda per più di un decennio, passando dall’anonimato nelle Midlands alle ovazioni delle più importanti platee del globo. E già sembravano lontani quei tempi in cui le folle del mondo intero, “The Ocean” come le chiamava Robert, erano tutte ai piedi dei Led Zeppelin. Per anni avevano danzato sull’orlo dell’abisso, mescolando il blues più sulfureo al rock’n’roll più elettrico. Una vita passata tra scariche adrenaliniche ed eccessi. “Walking side by side with death”, come cantava Robert. La Morte che già aveva preso suo figlio Karac, il bambino senza paura. E che ora si prendeva anche Bonzo. Non restava che osservare lo Zeppelin, alto nel cielo, in fiamme. Il crepuscolo degli Dei. Il fantomatico patto con il Diavolo era sciolto. Quell’entità suprema e magica aveva cessato di esistere, tanto rapidamente come era nata.

Ci sono voluti un paio d’anni per placare quel disperato senso di colpa, per riprendersi dallo smarrimento e trovare la forza di ricominciare. Dalle ceneri del Dirigibile nel 1982 nasce “Pictures At Eleven”, il primo disco solista di Robert Plant. Al suo fianco Robbie Blunt, abile chitarrista ed amico di gioventù. Il lavoro vede anche la collaborazione alla batteria di due mostri sacri come Phil Collins e Cozy Powell. La voce del nostro da tempo non è quella degli esordi. Quel suo canto acuto e viscerale, quel gemito primordiale che lo aveva reso il più grande cantante della storia del rock, ora si è fatto più riflessivo. Pur mantenendo la medesima personalità ed espressività. La musica stessa è diventata più pulita e raffinata, un rock moderno ed accattivante, impregnato di influenze esotiche.
Robert ci canta della liberazione e del sollievo. Poesie malinconiche che rievocano i paesaggi sonori del passato, ma si tengono lontano dalla furia febbrile ed incendiaria degli Zeppelin. Si passa dalle cavalcate rock come “Burning Down One Side” e “Mystery Title” ai richiami orientali di “Slow Dancer” e “Pledge Pin”. I brani più ispirati risultano però essere le due splendide ballate, la mistica “Moonlight in Samosa” e l’intimistica “Like I’ve Never Been Gone”.

“Pictures At Eleven” è un lavoro equilibrato e genuino, probabilmente il più significativo della carriera solista di Robert. Il disco vende bene sia in Inghilterra che negli States e anche la critica, spesso molto dura con i lavori degli Zeppelin, ne è entusiasta. Insieme a “Coda”, il disco postumo del Dirigibile, sarà anche il canto del cigno dell’etichetta del gruppo, la Swan Song. Come a segnare il definitivo strappo con il passato. I giorni dello sgargiante Percy sono finiti. Inizia una nuova vita, lontana dalle luci della ribalta e dalla frenesia dei tempi andati. L’amore per la musica invece è sempre lo stesso. Una continua ricerca di emozioni alla maniera dei vecchi trovatori. Il nuovo attraverso l’antico. Nel ricordo del gruppo più grande della storia del rock.

 

Carico i commenti... con calma