Robert Schumann, diciamocelo, era matto.
Vedeva gli angeli, sentiva le voci. Deliriva. Aveva cercato di darsi la morte annegando in un fiume. Eppure non era stato sempre così. C'era stata serenità nella sua vita. Amore. Impeto nel comporre.
"La mattina alle quattro, l'estate,
il sonno d'amore dura ancora.
Sotto i boschetti svapora
l'odore della sera festeggiata"
Schizofrenia. Disturbo bipolare. Non è facile stabilire di cosa davvero soffrisse Schumann. E forse non è nemmeno importante saperlo. Serve solo a capire la sua sofferenza. La sua sofferenza di uomo. Il dolore inesprimibile di un grande musicista, prigionero della sua follia e invischiato nelle sabbie mobili della sua arte. Un folle illuminato nella sua scrittura dal rigore contrappuntistico bachiano, e dalla lezione dell'ultimo Beethoven.
"Sognavo crociate, spedizioni di cui non è rimasta relazione, repubbliche senza storia, guerre di religione soffocate, rivoluzioni di costumi, spostamenti di razze e di continenti"
Ma forse della follia di Schumann non c'è ancora traccia, in queste splendide, misurate, "Opere per oboe e pianoforte". O forse solo un barlume. Una traccia. Il germe di un qualcosa che non si può dire. E che allora si esprime nel silenzio, nella fuga, nella compostezza, persino. Nel raccoglimento.
"All'inizio, fu un'indagine. Scrivevo silenzi, notti, notavo l'inesprimibile, fissavo vertigini"
Ecco, c'è l'inesprimibile, nelle "Tre Romanze op. 94". Il tocco della malinconia senza un perché. Lo sguardo corrucciato di un bimbo arrabbiato che strappa le primule, in silenzio. E' questa la sensazione che trasmette la prima romanza, che reca l'indicazione "Nicht schnell" - non veloce.
"Mi abituai all'allucinazione semplice: vedevo francamente una moschea al posto di un'officina, una scuola di tamburini tenuta da angeli, calessi per le vie del cielo"
E' un'esecuzione, questa, di Heinz Holliger e Alfred Brendel, sospesa fra il lirismo trasognato dell'oboista svizzero e il rigore accademico ed il "buon senso" artistico del grande pianista austriaco. E' come se i due solisti si controbilanciassero, in un delicato equilibrio d'opposti, acrobati sull'enorme precipizio che questa musica segna nel silenzio, come un baratro dell'anima.
"Dovetti viaggiare, distrarre gli incantesimi che si affollavano nel mio cervello. Sul mare, che amavo come avesse dovuto lavarmi di qualche sozzura, vedevo innalzarsi la croce consolatrice"
Ed è la seconda romanza, "Einfach, innig", certamente il brano più commovente di questo disco. Un tema dolcissimo, infantile, cullante, trasognato, difficilissimo, nella sua apparente semplicità. E c'è un punto dove si sente chiarissimo il respiro di Holliger insufflare aria spasmodicamente, alla fine di un passaggio troppo lungo, in un legato, come in una vera e propria apnea artistica, una sorta di trance richiesta da questa musica. Una musica che "chiede", anche fisicamente, al solista. In una dinamica musicale sempre e costantemente fitta ed elastica, che si esprime nei rubati, nei crescendi, nei cambiamenti improvvisi di tempo.
"Il lupo urlava tra le foglie
sputando le penne graziose
del suo festino di pollame:
come lui mi consumo"
Ma ci sono anche pagine limpide, luminose, in questo disco. Come la quiete coccolosa dell' "Abenlied op. 85 n.12", dove, su un tappeto di accordi del pianoforte, emerge aerea, sicura e celeste la voce accorata e vibrata dell'oboe di Holliger, quasi "a perdifiato".
O l'eccezionale virtuosismo dell'"Adagio e Allegro in La bemolle op. 70", dove la capacità tecnica dell'oboe è spinta all'estremo, nei registri acuti, che trasalgono fra turbini di semicrome che volteggiano come mulinelli di vento. O il rude vigore dei "5 Pezzi in Stile Popolare op. 102", con i loro temi semplici e danzanti, sicuri e un po' rinchiusi su se stessi, come contadini al termine di una giornata di lavoro.
Ma è soprattutto nei "Fantasiestucke op. 73" che l'arte di Schumann si eleva e sublima in un fuoco sacro dell'anima. Tre pezzi in successione, il successivo sempre più veloce del precedente, in un crescendo continuo di tensioni e di conflitti, non solo musicali. Ed è strano ascoltarne la versione presente in questo disco, con il timbro remoto e nasale dell'oboe d'amore, antenato barocco dell'oboe moderno, al posto del clarinetto con cui in genere viene eseguita quest'opera.
"Rasch und mit feuer", come "presto con fuoco", è l'indicazione del terzo brano dell'opera 73. Un fuoco che arde senza bruciare, come un fuoco d'amore, alla ricerca sempre di quella quiete e di quella appartenenza che è, nel profondo di noi, la vera, tranquilla felicità.
"O stagioni, o castelli!
Quale anima è senza errore?Ho fatto la magica indagine
della felicità, nessuno la elude.Che ognuno la saluti, ogni volta
che il gallo celtico canta"
[Arthur Rimbaud è l'autore di tutte le citazioni di questa recensione]
Elenco e tracce
05 5 Stücke Im Volkston, Op. 102 (Five Folk-Song Pieces) / "Vanitas Vanitatum": Mit Humor (03:13)
13 5 Stücke Im Volkston, Op. 102 (Five Folk-Song Pieces) / Nicht Schnell, Mit Viel Ton Zu Spielen (03:32)
15 5 Stücke Im Volkston, Op. 102 (Five Folk-Song Pieces) / Stark Und Markiert (02:51)
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