Se sei nato negli anni 80 e hai vissuto in Brianza abbastanza tempo, sei fortunato ad essere scampato a Berlusconi. Io, almeno, mi considero fortunato. Silvio Berlusconi è più famoso di Gesù. No, John, stai buono, poi mi ascolto "Jealous Guy" e facciamo pace, dai.
Ero bambino e guardavo dal balcone dei miei nonni lo sterrato del cortile, le antenne della televisione aperte per captare segnali invisibili, i jet che squarciavano il cielo con le loro scie di fumo bianco che per noi piccoli erano i sentieri degli angeli; e quando passava un elicottero, era sempre di Berlusconi. "Guarda Berlusconi che torna a casa" mi dicevano se ne passava uno alla sera, "Guarda Berlusconi che va a lavorare" se ne passava uno al mattino.
Mio nonno dovette trascorrere due mesi in ospedale per via di problemi al cuore, io vedevo mia nonna che usciva tutti i pomeriggi col suo cappotto grigio e l'espressione preoccupata, "Vai a trovare il nonno?" chiedevo, "Sì, a Milano Due". La Milano di Berlusconi. Io piccolo interista per ammirazione di un padre meraviglioso, io che sto accovacciato nel sedile della sua Mercedes marrone station-wagon che pareva un carro funebre ascoltando le onde radio parlare di Lothar Matthäus e delle sue punizioni, la sua classe, la sua incarnazione calcistica della perfezione, quest'anno papà l'Inter vince lo scudetto, vedo le macchine coi bandieroni nerazzurri passare, i clacson, mai sentiti tanti clacson in vita mia. Sì mi dice, vinciamo lo scudetto. Ma la Coppa dei Campioni, quella la vince il Milan, il Milan di Berlusconi.
E ci sono Bim Bum Bam, Uan che come un fungo psichedelico rosa spunta fuori dal monitor prima di D'Artagnan, Four sull'altra rete, quella che ai piccoli piaceva di meno, pupazzi e colori. Passati i dieci anni scoprivi che le reti che trasmettevano alcuni dei tuoi cartoni animati preferiti erano tutte di Berlusconi (il periodo prima dei cinque anni serviva per capire che i personaggi che stavano in televisione non erano fisicamente all'interno dell'apparecchio televisivo ma erano immagini che viaggiavano via etere, mentre quello fra i cinque e i dieci serviva per capire che cazzo volesse dire "etere"). "Guarda, quella è la villa di Berlusconi" mi dicevano passando dalla stradicciola che conduce alla Canonica, Macherio.
La villa di Macherio si vede meglio dalla strada, quella di Arcore è più nascosta, si vedono solo le siepi e la facciata per pochi metri se ci stai attento, mentre giri per andare verso il centro del paese. Da piccolo a scuola feci un disegno in cui io vestito in smoking compravo quella villa, che aveva tante finestre. E quando dovevano spronarti a studiare ti dicevano "Guarda che all'inizio Berlusconi non aveva niente". Insomma, era difficile scappare da Berlusconi, ma in molti ce l'hanno fatta.
Questo documentario di Roberto Faenza e Filippo Macelloni ripercorre l'epopea di un personaggio che volenti o nolenti ha fatto la storia recente d'Italia, e la ripercorre in un modo che sembrerebbe quasi neutrale se non fosse per l'ironica apertura affidata alla voce della madre Rosa Bossi, in cui sostiene che "non vedrete mai Silvio con qualche donna", e soprattutto per il finale con i ritagli dei giornali in cui fioccano le mancate promesse fatte. Ripercorre fedelmente una storia che tutti conoscono, quella dell'uomo dei miracoli, imprenditore infallibile e, come lo definì Montanelli, "il più grande piazzista al mondo", instancabile lavoratore dai fondi di dubbia provenienza, quasi incensando questo primo aspetto della sua vita.
Poi, il buio: la discesa in campo, l'ingresso in politica che da un lato gli è servito per ripararsi dietro leggi ad personam, dall'altro lo ha esposto al pubblico in tutta la sua bassa morale e sorriso strafottente. Prima del '94 Berlusconi era un personaggio molto più complesso di quello attuale, oggi è solo una grottesca figura sul viale del tramonto della quale si sa tutto o si pensa di saperlo, uno Scarface basso e plastificato che rinchiuso nel suo impero in decadenza fa una guerra impossibile a chiuque cerchi di arrampicarsi sui suoi balconi.
Prima, era un personaggio più misterioso che pubblico, uscivano servizi in TV quando veniva ripreso a farsi una passeggiata. Un'ora abbondante di filmati pescati dagli archivi RAI, montati quasi sempre in senso cronologico e discendente, dai fasti imprenditoriali fatti di Champagne e serate di gala fino ai meandri della dignità attuale, le telefonate con la D'Addario, le serate con Ruby, il divorzio, le battute spiacevoli, le leggi per salvaguardarsi. Niente di nuovo, per chi come me si aspettava qualcosa di minimamente rivelatorio, la metà dei filmati erano già tranquillamente reperibili su Internet.
Traspare comunque l'immagine di un cavaliere decaduto che non ha più niente di quell'ideale d'uomo che cercavano di metterti in testa quando sei bambino, la sua villa ha perso fascino e non si vede più tra gli alberi, Bim Bum Bam non lo trasmettono da una vita e non alzo più la testa a guardare gli elicotteri che passano. Ma fa impressione vedere ancora gente che non si accorge che per il Milan compra Ibrahimovic solo quando si prospetta il rischio di elezioni anticipate. E, cazzo, gli va anche bene che vince il campionato. Resta solo un sorriso di plastica, promesse, blianci negativi capovolti, censure, fobia per i comunisti e soprattutto i delirii di onnipotenza. Nulla di nuovo, se potete risparmiate i soldi e fatevi un giro su YouTube, ma basta anche Wikipedia. Laddove l'audio originale non era disponibile, c'è la voce di Neri Marcorè.
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