Buonasera, debaseriani. Ho seguito con interesse le vostre recensioni e, notando dei pezzi mancanti, ormai pochi, nell'opera vecchioniana, ho pensato ad una iniziativa: recensire, o meglio, scrivere un paio di impressioni sugli album di quello che considero il suo secondo momento di massima ispirazione, ovviamente dopo gli anni da "Il re non si diverte" a "Bei tempi". A questi infatti segue un poker di dischi che mi hanno un pò deluso ("Ippopotami", soprattutto "Per amore mio" e "Milady" ed infine "Blumùn"), quest'ultimo migliore degli altri, segna l'inizio di una nuovo, seppure breve, momento. Cioé quello di cui mi vado ad occupare, parlando degli album "El Bandolero stanco", che come "Blumùn" fa da ponte tra il mediocre dei dischi passati e lo splendore dei prossimi, ed appunto i prossimi stessi, cioè "Il cielo capovolto", "Sogna, ragazzo sogna" ed "Il lanciatore di coltelli".
Tutto questo sarà fatto cercando di essere meno noioso e più originale possibile, tanto per cambiare, iniziamo al rovescio, dal più recente: "Il lanciatore di coltelli". Per farla breve: un bellissimo disco. Già dai primi ascolti si nota soprattutto un'anomalia particolare: non ci sono quei riempitivi evidenti che spesso hanno "annacquato" album che presentavano 4 o 5 canzoni bellissime, il disco può non esporre il massimo della poetica o della ricercatezza, i brani non sono tutti essenziali o 'importanti', ma almeno non si hanno brani concepiti in pochi minuti e senza alcun valore, brani che invece troviamo spesso nei dischi del Prof., magari subito prima o dopo un brano che invece ci è tanto piaciuto, questo ha, tra l'altro, reso sempre difficile fare cesure vere e proprie nella sua discografia, come pure poter dividere nettamente album "buoni" da album meno riusciti.
Qui il livello è coerente, l'album è pieno, si ascolta con facilità, non può annoiare ma non risparmia spunti di riflessione, più o meno importanti o profondi. La title-track è snocciolata in due brani diversi, ma nonostante questo è difficile inquadrare una vero e proprio filo rosso che leghi le canzoni. Una teoria potrebbe essere quella del tema della continuità, il tramandarsi delle cose belle, quelle che vogliamo che rimangano, che vogliamo comunicare ed esprimere, portare agli altri e sviluppare tramite qualcuno che ne sappia più di noi.
Così il lanciatore apprende l'arte dal padre, che la apprese a sua volta dal nonno. Così Gustav cerca la Vita, a Venezia, e muore solo, su di una spiaggia, pur di sentire vicino l'amato Tadzio. La continuità è evidente in 'Figlio, figlio, figlio', dove un Vecchioni papà si confronta con un figlio adolescente, ed in maniera delicata parla di un rapporto difficile tra due mondi diversissimi, che però vuole essere sincero, il brano forse ha un 'cugino', non tanto in 'Figlia', come suggerirebbe il titolo, quanto in 'Quest'uomo', di cui parlerò ne "Il Bandolero stanco". La continuità salta una generazione in 'Shalom', dove '...mio nonno, era mio nonno il padre mio...'. Altre considerazioni, sicuramente più accurate ed interessanti, si potrebbero fare ancora, c'è sempre molto da scoprire dietro tante canzoni del Prof. e non sempre da soli si hanno le chiavi di lettura, o le esperienze alle spalle, per vederci chiaro. Leggerei volentieri commenti sulle vostre considerazioni a proposito.
Per chiudere, l'album è bellissimo e trova il suo climax ne "La Bellezza", è un album che non si ascolta con difficoltà, può accompagnare bene un momento malinconico e può comunque essere cantato con un amico, ridendo. Vorrei invitarvi a rivalutare alcuni lavori, come questo ed altri di cui parlerò, e magari a confrontarli con quelli che sono considerati dei 'Classici', che magari a volte sono più pretenziosi e hanno meno efficacia, vedasi "Robinson..." o "Samarcanda", in cui i pezzi davvero indimenticabili sono un paio per ciascuno. In questo album si respira una bella atmosfera, anche se è meno popolare di altri. Insomma, per me il voto sarebbe un 8 su 10, ma, siccome riascoltandolo sul treno, mi sono un pò commosso, con "Ma che razza di Dio c'è nel Cielo?!", facciamo 8 e mezzo.
Spero di non avere annoiato, ho cercato di inserire meno particolari tecnici possibile, la recensione può piacere o meno, il disco però è davvero bello. Ascoltatelo!
Alla prossima.
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