Irvine Welsh, Nick Hornby e Doddy Doyle sono Scozia, Inghilterra e Irlanda: diversi sì, ma anche simili.

-Sono da sempre la mia triade di autori britannici contemporanei.

-Sono tutti diventati celebri negli anni novanta.

Trainspotting, Fever Pitch e Paddy Clark ah ah ah! sono i romanzi che li hanno portati alla luce della ribalta e sono tutti pubblicati da Guanda. Trainspotting, High Fidelty e The Commitments sono i libri attraverso cui li conobbi.

- Due di loro, se devono parlare di un sobborgo popolare, lo chiamano Corea.

Ed è qualcosa che fa molto anni ottanta, quando guardavamo ancora quell'angolo di mondo dall'alto della nostra opulenza, di modo che era diventato sinonimo di degrado.

Ricordo d'altronde che si era soliti appellare qualcuno (forse anche il sottoscritto) col termine di "Biafra" quando questo era eccessivamente magro. Per non parlare dei vari sfottò (chiamiamoli così, và) regionali… Non c'è da andarne orgogliosi, ma così era e dimenticarlo non serve a nulla.

Torniamo ai tre: negli anni novanta han cercato di svecchiare e togliere quella patina di cortesia dalla tradizione novellistica d’oltremanica, raccontandola attraverso i feticci più popolari: droga, calcio e musica.

Il parlato entrava nella pagina scritta e la fagocitava con lo slang e le espressioni dialettali dei sobborghi irlandesi, scozzesi o inglesi. I nostri erano “scesi sulla strada" e ci avevano restituito un cocktail di espressioni orali linguisticamente esplosivo, dando autenticità allo spaccato di società rappresentato: condito di disperazione, cinisimo e humour nero in Welsh, di una poetica delle piccole cose in Hornby e Doyle.

Le premesse erano importanti. Tuttavia in seguito non tutte sono state mantenute.

«È certo un fenomeno di ogni stadio della vita. A un certo punto “ce l’hai” e poi lo perdi. E se n’è andato per sempre. In ogni stadio della vita. Georgie Best ad esempio. Ce l’aveva e poi l’ha perso. O David Bowie o Lou Read. E poi Charlie Nicholas, David Niven, Malcolm Mac Laren, Elvis Presley”

Come per una fatale legge del contrappasso, la teoria della vita di Sick Boy pare essersi avverata per il suo primo padre e i suoi compagni di ventura: nel nuovo millennio sembra che la scintilla non scocchi più come una volta per nessuno dei tre.

In uno dei suoi romanzi Irvine Welsh ritrova una buona ispirazione andando a ritrovare Renton, Sick boy, Spud e Begbie e scrivendo il suo Porno, ovvero Trainspotting, vent'anni dopo.

Hornby, in assenza di ispirazione, segue la nostra passione e si fa pagare per questo (vedasi Shakespeare scriveva per soldi e successive pubblicazioni), infine Doddy Doyle scrive Un anno alla grande.

Di cosa parla?

Di un anno, raccontato per episodi. Nessuna grande storia unitaria, ma episodi, aneddoti e avventure di vita quotidiana. Ciascuna ha un inizio, uno svolgimento e una fine. Sembra una sitcom.

C’è l'io narrante, Charlie Savage, un nonno sessantenne, pensionato, amante del calcio e della birra, della moglie, dei figli e dei nipoti. Il libro è una cronaca delle sue giornate più significative e un resoconto della sua vita. Charlie incontra la realtà contemporanea (Charlie e le serie tv, “Io e mia moglie siamo impazziti per i box set"; Charlie, l’influencer; Charlie e la sessualità fluida; Charlie, i suoi figli e i suoi nipoti) e quel che rimane di quella della sua adolescenza (Charlie e la musica rock; Charlie e il calcio, “adoro il calcio", quindi “odio l'estate"; Charlie e il pub; Charlie e sua moglie, la sua vecchia fiamma e i suoi vecchi amici).

Ci sono poi le riflessioni di Charlie.

“Ho eliminato la parola normale dal mio vocabolario diversi anni fa e l'ho messa sopra il frigo … Lo so: non esiste niente di normale e mi va bene così… Mamma, papà, quattro, cinque, sei o sette figli e un cane. Quand'ero piccolo questo era normale … Adesso, Martin, il mio migliore amico, ha un'identità femminile e una passionale relazione da attempato con la tipa che baciai a sedici anni e lei sembra attratta da lui proprio perché lui preferirebbe essere donna, ma è un uomo. Ora questa è la mia normalità”.

“Un libro sulla birra! Per quanto mi riguarda è utile quanto un libro su ispirazione ed respirazione, Respirare for Dummies. Però non dico niente. Mi fa solo piacere stare insieme. Mi ha chiesto lui di accompagnarlo, quindi sono fuori di me dalla gioia e dalla noia, contemporaneamente.”

Insomma per Charlie era così, la normalità gli diceva che sarebbe dovuto essere così, ma è diverso, e a lui sta bene.

Charlie è il pensiero debole.

Il suo pensiero è plurivoco: ognuno dei punti di vista esistenti (i punti di vista degli individui come quelli delle diverse civiltà) è legittimato internamente, in quanto voce esistente, punto di vista accettabile.

Charlie non è Clint Eastwood.

Charlie sono io, io che sento in modo chiaro e netto, individuale e discriminante, ma che col pensiero accolgo anche l'opposto sentire.

Per questo Un anno alla grande mi ha fatto stare bene per alcune ore, ma non mi ha ribaltato come un calzino, non mi ha martellato sul cranio per notti intere, non mi ha cambiato.

Perciò Un anno alla grande è un buon libro, non un libro grande.

Voto: 3,5/5

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