So bene che per molti recarsi al cinema significa prediligere film d'azione o evasione, sorbendosi una modica quantità di popcorn. Ma esiste ancora, pur in quantità più contenute rispetto al passato, una fetta di pubblico che preferisce la visione di film imperniati su temi cosidetti più impegnati e comunque godibili. In questi ultimi mesi la pellicola che più mi ha convinto e classificabile come impegnata è stata "As bestas. La terra della discordia", realizzata dal regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen ( non molto conosciuto qui in Italia) e presentata l' anno scorso al festival di Cannes.

Ispirata ad un vero fatto di cronaca risalente ad una decina di anni fa nell'entroterra galiziano, l'opera segue l'incredibile odissea di una coppia di francesi, dotati di una spiccata sensibilità ecologista, che pratica i metodi dell'agricoltura sostenibile. Per questo approccio naif non vengono proprio visti di buon occhio dagli abitanti del paesino. In special modo, i vicini sono autentici bovari zotici ( e mi è venuto da pensare che siano cresciuti in un ambiente gretto e reazionario, leale al caudillo Francisco Franco, insomma un campionario di cosidetta vil razza dannata..) e tutto fuorché cortesi (per usare un eufemismo) verso la coppia francese.. La situazione peggiora nel momento in cui arriva, da parte di un'azienda norvegese attiva nello sfruttamento di energia eolica, l' offerta sostanziosa di acquistare i terreni in zona, dietro congruo compenso ai proprietari terrieri, per installare pale eoliche . Tutti sarebbero d' accordo, tranne i due francesi ecologisti e, inutile dirlo e lascio a chi vorrà vedere il film il piacere della scoperta, gli sviluppi della vicenda saranno tragici.

A mio avviso, la caratteristica saliente di "As bestas" è quella di rientrare nel solco di certo cinema politico nell'accezione più ampia, come era stato in passato in Italia con un autore da riscoprire come Elio Petri. Sorogoyen ci offre certamente un'opera ricca di tensione ( come insegnato da un grande di nome Hitchcock), ma sa affrontare quei grandi temi che sono all'ordine del giorno come il rapporto problematico fra uomo e natura, la xenofobia, il razzismo. Tanto per dire, la coppia francese è vista con sospetto e disprezzo dai villici galiziani (il vezzeggiativo " francesino" è detto con scherno al protagonista Antoine Denis) pur trattandosi di migranti di lusso non sbarcati da qualche carretta del mare. E si aggiunga che per chi lavora la dura terra spezzandosi la schiena, come nel caso dei suddetti villici, la natura è vista come un'entità matrigna per nulla accogliente e idilliaca (per loro parlare di "svolta green" deve sembrare un discorso lunare...).

Insomma, c'è di che riflettere, alla luce dei fatti esposti in un film dal ritmo incalzante, su quella teoria tanto utopica cara a Rosseau secondo cui esisterebbe il buon selvaggio immerso nella natura primigenia. Ad incrociare quegli zotici abitanti nell'entroterra galiziano, semmai, si può constatare quanto lo stato di natura descritto dal filosofo Hobbes sia intriso di selvaggia furia criminale difficilmente arginabile. E già i Padri latini parlavano di "homo homini lupus" e per fugare ogni dubbio al riguardo , oltre a leggere i fatti della cronaca quotidiana, basterebbe rivedere film come "Cane di paglia " di Peckinpah e "Un tranquillo weekend di paura" di Boorman, entrambi autori di cui è un po' debitore l' ottimo Rodrigo Sorogoyen.

Se quindi amate il cinema che stimola lo spettatore a riflettere sulla contraddittoria natura umana, non perdetevi "As bestas".

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