Comincio subito con la fondamentale premessa: non ho assolutamente intenzione di rispolverare l'annosa e stucchevole questione su chi sia o chi non sia "Pink" nella sua concezione astratta e spirituale (anche se la mia preferenza emergerà inevitabilmente a fine recensione), i Pink Floyd (nell'era post Barrett ovviamente) sono stati l'unione di 2 personalità distinte geniali e imprescindibili e di 2 altre di rincalzo ma comunque di fondamentale importanza, soprattutto il compianto Rick Wright, che hanno formato l'impalcatura di quella che è stata la più grande band di tutti i tempi, poi come spesso succede tutto è andato in fumo e quel sogno e finito per sempre fino al 2005, ma anche di quello parleremo in breve alla fine del racconto.

Nel 2000 esce questo doppio live frutto dell'imponente tour mondiale tenuto da Waters con la sua band, sono passati ormai 17 anni dal suo ultimo album con la band madre, quel "The Final Cut" considerato unanimamente l'episodio minore della discografia del gruppo nonostante comunque presenti alcune buone perle. Waters come detto viene accompagnato dalla sua band, un insieme di grandi musicisti che reggono bene il confronto con i suoi vecchi compagni, Roger è aiutato alla voce quì dalle bravissime (e bellissime) coriste quì dal più che ottimo Doyle Bramhall II o da altri suoi compagni, alle chitarre troviamo lo stesso Bramhall II e il grande e rodatissimo Snowy White, anche se quì arriviamo alla seconda importante premessa: Gilmour è unico e inimitabile nonostante in tantissimi abbiano provato senza successo ad emulare le sua gesta, quindi qualcosa ai brani storici manca per forza.

Passiamo ora al primo disco: la scaletta presenta un insieme non ordinato ma neanche confuso di brani storici e leggendari dei Floyd, si inizia con 4 brani bomba da "The Wall" ovvero "In The Flesh", "The Happiest Days Of Our Lives", "Another Brick In The Wall pt2" e "Mother", quest'ultima una delle canzoni simbolo della leggendaria opera che ha fatto da colonna sonora a tante nostre vite e una piccola riscoperta visto che negli anni successivi alla sua dipartita non è mai stata riproposta dal vivo dai 3 superstiti, in questo caso la voce di Gilmour è sostituita ottimamente dalle coriste, principalmente da una delle 3.

Seguono 2 brani dal precedentemente citato "The Final Cut": "Get Your Filthy Hands Off My Desert" e "Southampton Dock" e arriviamo ad uno dei momenti migliori dell'intera opera: prima il duo da "Animals" "Pigs On The Wing pt1" e soprattutto i quasi 20 minuti di "Dogs", altre 2 riscoperte e 2 interpretazioni davvero intense ed emozionanti, particolarmente quest'ultima dove la voce è del chitarrista prima citato, ora arriva l'apice emozionale: il trio "Welcome To The Machine", altro brano dimenticato e uno dei più belli di sempre della band inglese, "Wish You Were Here", cantata interamente da Roger e "Shine On You Crazy Diamond pts 1/8", queste 3 canzoni ti prendono nel profondo e di fatto non ti lasciano più, anche se la mancanza di David si fa sentire a sprazzi, chiude il primo atto "Set The Controls For The Heart Of The Sun" incredibile conzone, la prima grande canzone 100% Waters del repertorio Floyd, appartenente al primo vero album del gruppo "A Saucerful Of Secrets" ovvero il primo senza Barrett, sempre grandi emozioni.

Incominciamo ora il viaggio nel secondo disco: si parte forte con i classici di "Dark Side" "Breathe (in the air)", "Time" e "Money", lo spettro dell'ex compagno chitarrista si sente sempre ma non troppo, le versioni filano lisce non senza regalare ulteriori emozioni.

Ora assistiamo ad una selezione della carriera solista del leader ed è quì che arrivano le sorprese più liete perchè se prima da verificare erano solo le "nuove" versioni della sua band adesso siamo alle prese con delle perle sconosciute ai più, "The Pros And Cons Of Hitch Hiking pt11" ovvero niente altro che l'11esima traccia del primo album omonimo post Floyd di Waters targato '84 e "The Bravery Of Being Out Of Range", "It's A Miracle" e "Amused To Death" tutte appartenenti all'album omonimo del '92, il più importante conosciuto e apprezzato del suo persorso solista e di fatto ancora oggi l'ultimo suo di inediti, 4 traccie che rilanciano alla grande l'immensa classe dell'artista inglese, 4 lunghe ballate che certo non mancano di emozionarci nuovamente e si rivelano adirittura (quasi) all'altezza dei più grandi classici targati PF, in particolare le ultime 3. Torniamo ai Floyd e a "Dark Side" con "Brain Damage" e "Eclipse" 2 classici senza tempo in questo ancora interpretati degnamente e arriviamo al pezzo simbolo della band, il più bello e profondo: la strepitosa "Confortably Numb", l'ennesimo confronto con Gilmour è inevitabile, quì il chitarrista ha sempre dato il meglio sfoggiando l'assolo più bello, famoso ed emozionante di sempre nella storia del rock e non solo, in questo caso il gravoso compito se lo assumono i 2 chitarristi che si dividono equamente le parti soliste e il risultato è buono come negli altri casi e tutto sommato non fanno rimpiangere l'originale, chiude il tutto l'inedito "Each Small Candle", altro brano più che dignitoso.

Questi non sono i Pink Floyd, non è il Live 8, quella era magia pura, quella che ti commuove profondamente e ti lascia insonne per notti, questa è una testimonianza di quella che è stata la carriera solista dell'anima più pura e vera della band pur non potendone rappresentare in toto l'essenza stessa, negli anni non ha mai nascosto la giusta frustrazione nel vedere i compagni suonare le sue canzoni nelle arene e negli stadi e lui esibirsi di fronte a volte anche di poche centinaia di anime, questa volta si è trovato di fronte ad una platea più consona per uno come lui (anche complice il ritiro degli altri), che con i suoi testi e le sue composizioni ha segnato la storia come pochi, come nessuno, in particolare i suoi testi hanno incarnato le nefandezze della società moderna e le inquetudini esistenziali dei suoi protagonisti, questo disco testimonia della passione che ci ha sempre messo, uno che ha sempre creduto fortemente nelle sue opere e che ancora oggi si fa il mazzo in giro per il mondo a differenza di qualcun'altro che ha annunciato di preferire le sue ville alla composizione e alla vita on the road, un disco non perfetto ma ideale per chi vuole respirare quest'aria pura, personalmente preferisco quest'opera ad altri doppi dischi dove quell'aria non si respira più di tanto, peccato solo per l'assenza di brani appartenenti a quei 2 capolavori chiamati "Atom Heart Mother" e "Meddle" ma non si può avere tutto, se avesse messo tutte le perle della sua incredibile carriera avrei recensito un quadruplo invece che un doppio.

Difficile chiedere di più.

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