Immaginate un luna park...
Ma non come quelli moderni, con autoscontri, catenelle ed improbabili tiri a segno. Un luna park di quelli di una volta, con le giostrine dei cavalli, il tunnel degli innamorati, la casa degli spettri, la bancarella con le mele caramellate e la musichina tipica degli organetti...
Ma soprattutto immaginatene i colori, tanti colori: ecco, questa è la componente principale di questo disco, che è un immenso caleidoscopio di suoni e sensazioni.
All'inizio degli anni '90 Roine Stolt, co-fondatore negli anni '70 del gruppo progressive svedese Kaipa (che è tornato di recente a pubblicare tre ottimi album, ma dal quale il biondo chitarrista è uscito a causa dei troppi impegni con altri progetti), ha dato vita a questo strepitoso album, con la prima incarnazione di quella che sarebbe diventata quella immensa band che sono i Flower Kings (ma da dove avranno preso il nome... ?).
In questo caso scrivere una recensione track-by-track mi sembra abbastanza inutile, visto che l'intero album può essere concepito come un unico flusso musicale piuttosto coerente. Se proprio devo indicare un brano in paricolare, mi sentirei di consigliare l'ascolto di "Dissonata". Tanto per darvi un'idea delle coordinate stilistiche del disco, si può dire che si tratta di una riuscitissima sintesi e rielaborazione in chiave personale di buona parte delle esperienze musicali progressive degli anni '70 prima e degli anni '80 poi. La musica di "The Flower King" riprende alcune timbriche tipiche e la complessità delle strutture del progressive dei Seventies, attenuandone la verbosità e rendendole più melodiche, ma anche quel senso di orchestralità tipico del progressive anni '80, senza però ricalcarne la pomposità a volte esagerata.
I suoni degli strumenti sono moderni e rock (anche se spesso fa capolino il mellotron), anche perché l'impianto dei brani pone spesso in risalto la chitarra di Roine (è lui comunque, eccezion fatta per la batteria, le percussioni e il sax, a suonare tutti gli strumenti). Già, la chitarra... Credo che, a dispetto della sua scarsa notorietà presso il grande pubblico, Roine Stolt sia uno dei chitarristi più espressivi che abbia mai ascoltato, pur non essendo affatto un virtuoso: il lirismo che riesce a manifestare con il suo strumento mi ha ricordato il David Gilmour più ispirato e, a tratti, anche Steve Hackett (d'altra parte Roine non ha mai fatto mistero del suo amore per i Genesis), con in più quella vena malinconica di fondo tipica dei musicisti scandinavi.
Non si pensi però che "The Flower King" sia un album difficile da ascoltare: è vero che quasi tutti i brani sono "densi" e costituiti da molteplici temi sovrapposti (che possono essere colti solo dopo un po' di ascolti), però l'album risulta immediato e piacevole anche senza addentrarvisi troppo. Come molti dischi progressive, anche questo cresce con il tempo e io, personalmente, non mi stanco mai di ascoltarlo.
Un'ultima considerazione: come detto dallo stesso Roine Stolt, il "Re dei Fiori" è la personificazione di tutti i sentimenti nobili dell'uomo (l'amore, la gentilezza, la dolcezza, etc...), senza retorica né melensaggini, e la musica di questo splendido disco ne è l'evidente trasposizione.
Non solo chi è tormentato riesce a comporre grande musica!
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