In un genere alla costante ricerca di proposte fresche e che diano anche solo una minima parvenza di solidità, l’esordio dei Rolling Blackouts Coastal Fever arriva come un fulmine a ciel sereno.
Fran Keaney, Joe White e Tom Russo si conoscono ai tempi del liceo e, qualche tempo dopo, reclutano Jonh Russo (fratello di Tom) e Marcel Tussie (coinquilino di White) per formare i RBCF. Iniziano i live in giro per Melbourne (città d’origine dei ragazzi), il nome inizia a creare interesse ed escono due EP, il primo dei quali (lo splendido “Talk Tight”) attira l’attenzione di un’etichetta sempre vispa come la Sub Pop.
Ecco che quindi i cinque arrivano a questo esordio, battezzato “Hope Downs”, ed è subito grande sorpresa. Composto da dieci mirabolanti numeri di grande qualità, “Hope Downs” è un album che parte da una solida base jangle pop, pesantemente debitrice (come per il 90% del genere, d’altronde) nei confronti degli R.E.M. periodo I.R.S. .
Si tratta però, come già detto, solo di una base, per quanto ben solida; la band australiana arricchisce le fondamenta del proprio sound con schegge impazzite di alt rock, punk, indie, country, garage e new wave, creando una commistione incredibilmente omogenea che viene supportata da un songwriting di altissimo livello, sia quando le chitarre viaggiano velocissime (“An Air Conditioned Man”, il singolo “Talking Straight” – la più remmiana di tutte - , “Time In Common”) sia quando i toni si fanno più sommessi, ma sempre vitali (“Sister’s Jeans”, “Cappuccino City”).
Non ci sono riempitivi, né pezzi che facciano notare una qualsivoglia carenza eccessiva di tensione; il quintetto viaggia sempre su di un livello qualitativo medio altro, e l’impressione è quella di essere di fronte ad una band navigata e perfettamente conscia delle proprie possibilità, non di certo ad un gruppo di quasi esordienti.
L’Australia si conferma terra sempre più fertile quando si tratta di un certo guitar pop rock di qualità. I Rolling Blackouts Coastal Fever non fanno assolutamente eccezione, anzi, firmano uno degli esordi più convincenti dell’anno.
Un grande disco che quest’estate sarà difficilissimo ignorare.
Traccia migliore: “Mainland”
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