Dover descrivere un album come quello omonimo dei canadesi Saints & Sinners del 1992, non è semplicissimo. Forse per alcuni sì, visto che non sono in tantissimi a conoscerli. E da un lato mi reputo veramente fortunato di far parte di quei pochi, però devo anche ammettere che per me è maggiore il rimorso che, nonostante tutto, siamo scomparsi nell'arco di un solo anno!
Tutto parte dal Canada e sapete cosa mi piace del Canada? Le montagne? Nooo, L'aria fresca? Nemmeno! La regione del Quebec dove parlano francese e le donne baciano alla stessa maniera? Uhm...sì ecco quello potrebbe piacermi, ma sono qui per scrivere di musica e non di gnocca!
Nati da due testicoli degli Sword ovvero il cantante Rick Hughes e il batterista Jeff Salem, dalla prostata dei Night Ranger (il tastierista Jesse Bradman) e dagli innumerevoli peli nel sedere di Aldo Nova (che troviamo come songwriter di eccellenza nonchè come musicista di supporto), ecco che nei primi mesi del '92 prende forma il gruppo, integrato al completo con gli sconosciuti Stephane Dufour alla chitarra e Martin Bolduc al basso (che di certo su disco non hanno sfigurato).
La proposta musicale non è né innovativa né originale. Non parliamo di future thrash alla Nevermore e nemmeno di Black Metal Sinfonico alla Burzum, ma di semplice hard rock di classe! Eh già, perchè l'omonimo dei Saints & Sinners è uno dei migliori album di hard rock/class metal degli anni 90!
L'ho sparata grossa vero? Tranquilli tranquilli, non ci sono andato poi così distante, visto che sto branco di ragazzini (oggi più che adulti a distanza di 20 anni), non hanno fatto altro che suonare 10 canzoni di qualità eccelsa. Come hanno fatto? Beh ditemi voi il modo, visto che non si resiste all'hard puro delle iniziali "Shake" e "Rip It Up", dotate di un chitarrismo ipertrascinante e amplificato cento volte rispetto a quello degli Skid Row di "Slave To The Grind", per fare un esempio (la seconda che ho nominato ha anche un ottimo intro di basso!). L'album continua senza sosta, seppur in maniera (apparentemente) meno sostenuta, tenendo in ogni caso alto il livello con "Walk That Walk", più vicina ai territori dei migliori Ratt e con la soave e sognante ballad "Takin' My Chances".
La tregua dura appena 10 minuti perchè i santi e i peccatori non intendono fare prigionieri e ritornano a pestare pesante con i riff graffianti di "Kiss The Bastards" (nelle cui credits troviamo Rachel Bolan e Bon Jovi) e la doppia cassa alla Heavens Edge di "Wheels Of Fire". "Lesson Of Love" continua a deliziarci con territori molto class metal, dando anche risalto a dei suggestivi cori, mentre la melodica e più Bon Jovi-oriented "We Belong" apre al un gran finale, con i 10 minuti alla Led Zeppelin/Blue Oyster Cult di "Frankenstein" e alla riuscitissima semiballad di rara bellezza "Slippin' Into Darkness".
La band, come già detto all'inizio, si sciolse come il gelato l'anno successivo e fu una vera disgrazia. Sicuramente qui troverete tutti gli ingredienti per un album capolavoro ed un ascolto è più che consigliato al di là dei "soliti" grandi nomi, non solo perchè è stato prodotto egregiamente da Paul Northfield, ma anche perchè si tratta di un hard rock che, pur non inventando nulla, è molto variegato e presenta più di qualche sorpresa. Dategli un'occasione, non rimarrete delusi.
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