Salito alla ribalta internazionale con il trionfo agli Academy Awards del 2000 grazie al suo "American beauty", Sam Mendes ha potuto usufruire del suo iniziale successo per costruire una carriera degna di nota, proseguita con film di un certo spessore come "Era mio padre", "Jarhead" e l'ultimo impegnativo "Revolutionary road". A detta dello stesso regista dopo un film come quello con Di Caprio e la Winslet, c'era bisogno da parte sua di un'opera che smorzasse un attimo le pulsioni psicologiche e sentimentali che avevano animato "Revolutionary road". Così nacque "Away we go", in italiano approdato con il titolo "American life" forse per richiamare la prima pellicola del regista e magari suscitare curiosità in qualche spettatore nostalgico. In realtà non ci sono punti in comune tra le due storie.

Un leggero filo conduttore lo si può ritrovare con "Revolutionary road": infatti anche American life tratteggia la vita sentimentale di due persone ormai trentenni e pessimiste riguardo il loro futuro. Essi sono impersonati da John Krasinski e Maya Rudolph, nomi poco altisonanti e adatti a recitare il ruolo di "normalità" che la pellicola esprime. La preoccupazione principale della coppia è legata alla bambina che Verona (Maya Rudolph) porta in grembo. I due non sanno come affrontare i problemi che nasceranno di lì a qualche mese, data anche una casa non certo all'altezza per poter ospitare i primi anni di vita di un neonato. I due iniziano quindi una specie di viaggio "on the road" alla ricerca di familiari e vecchi amici, così da trovare il luogo e la compagnia giusta per poter crescere la bambina.

Sam Mendes ha dato vita ad un film leggero, una commedia semplice e stemperata nei toni ma comunque importante nella riflessione che svolge sulle difficili condizioni delle giovani coppie odierne. I figli avuti sempre ad età più avanzata, situazioni generali difficili, a volte anche senza l'appoggio dei genitori. Tutto contribuisce a creare delle nuvole su un futuro già di per se complicato.

Una colonna sonora coinvolgente (ad opera di Alexi Murdoch) e il tono generale del film, fanno si che l'ultima opera di Mendes si possa assaporare in ogni suo aspetto: se l'intento del regista era quello di fare una pellicola leggera e che "staccasse" per un attimo i ponti con gli impegni del passato, il britannico è riuscito pienamente in ciò pur senza confezionare un capolavoro. Un'ora e mezza tra ironia e qualche spunto riflessivo da non sottovalutare.

"Non godrai più così tanto fino alla scoperta del sesso orale."

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