Tra gli innumerevoli gruppi black che spuntarono come funghi nella scena metal dei primi anni '90 è possibile trovarne parecchi che filtrarono questo sottogenere in maniera personale ed intelligente, pur attenendosi ai canoni old school non ancora ampliati e sviluppati come lo sono al giorno d'oggi.

Una band in particolare merita attenzione: gli svizzeri Samael, e più precisamente il loro periodo iniziale, quello più fedele alla corrente black che imperversava allora. Questa prima parte della loro carriera è racchiusa in un trittico estremamente interessante, di cui fanno parte il debut album "Worship Him", il terzo album "Ceremony of Opposites" (forse il perfetto emblema del lato più oscuro del progetto Samael) e infine il qui recensito "Blood Ritual" (1992), secondo album in studio. Poi verrà la clamorosa svolta di "Passage" per aprire un nuovo trittico, quello più elettronico ed avantgarde, ma questa è un'altra storia.

Questo "Blood Ritual" si colloca quindi nel bel mezzo dell'"era occulta" dei Samael ed è il contenuto stesso a confermarcelo: trattasi di un black prevalentemente lento ed agghiacciante, a tratti doom, nel complesso molto scarno e senza troppe pretese data la relativa assenza di eclatanti innovazioni. Ma per quanto possa essere aderente agli stilemi del black di allora, in qualche modo lo stile dei Samael lascia tracce profonde ed inconfondibili, a differenza di parecchi altri gruppi che non facevano/fanno altro che stereotiparne ingenuamente il genere.

Difatti maggior parte delle raschiate di chitarra sono trascinate con inesorabile perfidia (tipica dei Samael) e supportate da una solidissima batteria, dietro alla quale si nasconde più misantropo che mai Xytraguptor (la mente del gruppo); Vorphalack si rivela un vocalist sicuramente adatto alle atmosfere tetre e spettrali, nonchè claustrofobiche, di questo discreto disco il cui stile è costantemente contenuto e rallentato al fine di risultare più spietato e velenoso che mai. Non sono perciò presenti le tipiche sfuriate a velocità sparate del black metal giacchè i Samael preferiscono affidarsi alla potenza corrosiva di un vago appeal melodico che da sempre li ha contraddistinti.

E sono esattamente la serpeggiante e pungente lentezza che fanno di quest'album un episodio dinamico e soddisfacente del black in generale: brani come "Beyond the Nothingness" e "Bestial Devotion" ripescano a piene mani i riffs un po' mosci del precedente album, rendendoli più massicci e penetranti e facendoli giocare con i macabri rintocchi di batteria; "Poison Infiltration" è scossa dalla strisciante follia degli screams di Vorphalack, mentre "Total Consecration" è un brano eseguito interamente con la tastiera, grondante di spaventoso occultismo e animato da un tono quasi drammatico e tragico. La title track sembra un po' la canzone più "black" qua dentro, breve e spedita, mentre piuttosto scialba è "With the Gleam of the Torches", fiacca e poco incisiva per la sua lunghezza.

Insomma, "Blood Ritual" non sarà certo un frammento imprescindibile di black metal, nè i Samael sono stati un gruppo di fondamentale rilevanza per la scena metal in generale. Questo non toglie che, in ogni caso, l'album in questione sia più che sufficiente e che abbia i buoni propositi per essere considerato almeno originale e degno di essere ascoltato, in particolare dagli amanti del genere. Il mio voto è un 3,7 che diventa un 4 stentato.

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