"Film" è l'unica opera cinematografica di Samuel Beckett, protagonista, il mio adorato Buster Keaton (ebbene si, ancora lui...). Venne realizzato nel 1966 a pochi mesi dalla morte dell'attore dalla faccia di pietra. Anzi, quando Alan Schneider (regista) e Samuel Beckett decisero di chiedergli di partecipare alla cosa, non erano nemmeno sicuri che Buster fosse ancora al mondo. E dire che proprio nella metà degli anni sessanta "The General", "The Cameraman" e altri suoi film conobbero un nuovo e inaspettato successo (un documentario a lui dedicato in quel periodo porta un titolo eloquente "Buster Keaton rides again").

Essendo un opera di Beckett "Film" non sfugge alla regola, è un film decisamente sperimentale. Come tale, sulle prime potrebbe non dire nulla allo spettatore poco paziente. A un attento esame rivela però la sua vera essenza di rappresentazione di un concetto filosofico. Ma a chi eventualmente non lo conoscesse o avesse sentito parlare di Beckett come di un autore oscuro e difficile dico che mentre gli intellettuali di tutto il mondo si interrogavano sul senso della sua opera teatrale più famosa, "Waiting for Godot", essa fù recepita immediatamente da un gruppo di carcerati...

Il 19 Novembre del 1957 la compagnia Actor's workshop di San Francisco rappresentò "Waiting for Godot" nel carcere di San Quentin. Si optò per il dramma di Beckett perchè tutti quanti i personaggi sono di sesso maschile. I galeotti se ne sarebbero stati tranquilli? Subito dopo la sorpresa iniziale ("COME MAI NON C'E' IL SOLITO BARZELLETTIERE?!?") i detenuti si divertirono come matti. Essi associarono l'attesa di Vladimiro ed Estragone per il salvatore Godot, con la loro attesa del giorno della liberazione. Vi dico soltanto che non solo quell'opera fù molto applaudita, le sue battute entrarono a far parte del gergo del luogo...

Beckett infarcisce "Waiting for Godot" di un pessimismo senza scampo. Gli uomini sono condannati a perder tempo nell'attesa della morte... Tale attesa viene però "allietata" dalla mal riposta speranza nella venuta di un salvatore. Il Godot (God - Dio) del titolo. I due personaggi principali poi, se è vero che a tratti si torturano a vicenda, in altri momenti si scambiano o almeno provano a scambiarsi qualche gesto d'affetto. In "Film" non c'è neppure questo. Girato in uno splendido bianco e nero e in un tetro silenzio, l'unico protagonista è Buster Keaton. Il film è girato in soggettiva con due diversi modi d'inquadrare. Uno a fuoco e l'altro sfocato. I due diversi modi corrispondono ai punti di vista di Buster Keaton e... di Buster Keaton. In effetti ho detto che Buster è l'unico personaggio della "trama" e ciò è senz'altro vero se si escludono tre "comparse", ma i personaggi che egli interpreta sono due: lui e sé stesso...

Forse è meglio andare con ordine. La prima cosa che vediamo è un primissimo piano delll'occhio del bravo protagonista. Anzi, è l'occhio il vero protagonista del film. O forse sarebbe meglio dire il nemico da cui scappare. Quell'occhio d'ora innanzi dovrà essere identificato con l'obiettivo della cinepresa. Buster sin dall'inizio tenta di sfuggirvi, di scappare, di non farsi vedere, ma invano... La camera lo segue imperterrita. Coperto da capo a piedi da un soprabito nero, il caratteristico cappello di paglia in testa, per tutto il film Buster viene inquadrato di spalle. Tanto per dire, nello script la cinepresa è un personaggio a tutti gli effetti, viene chiamata "E" (Eye), mentre Buster viene chiamato "O" (Object). La valenza di personaggio della cinepresa si chiarirà nel finale quando Keaton si troverà di fronte al suo inseguitore, cioè di fronte a sé stesso.

Ciò che Beckett mette in scena è il tentativo da parte del soggetto di una rappresentazione, di "non farsi rappresentare". L'esistenza in questo cortometraggio corrisponde all'immagine (l'unico suono che si ode in venti minuti di film è un "SSSHHHH" pronunciato da una donna per zittire un suo compare) e ogni immagine viene distrutta.  Uno stranissimo ritratto appeso a una parete della "cameretta" di Keaton viene strappato in mille pezzi e la stessa sorte tocca a molte fotografie che ritraggono il passato del protagonista. Buster tenta di annullarsi distruggendo le sue cose. Per dimostrare a sé stesso che è ancora in vita, ogni tanto si sente il polso... Nonostante i suoi tentativi Buster "c'è" ancora, o se volete, è ancora al mondo...

Un po' come nel teatro di Beckett i tentativi di fuga da quel cataclisma che è l'esistenza, suicidio compreso, non vanno mai a buon fine. "L'esserci" di Buster avrà la sua "Apoteosi" nel finale quando scopriremo che chi lo ha seguito fino a quel momento altri non è che Buster medesimo. L'ineluttabilità di questa istanza (L'impossibilità di sfuggire alla percezione di sé e a quella degli altri) lo deprimerà; egli farà allora un espressione terribilmente angosciata e si coprirà il viso con le mani. Fine...

Concludo con le parole immortali di Ham in "finale di partita": "Riflettete, per Dio, riflettete: siete sulla terra, a questo non c'è rimedio..."

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