Samuel Fuller è stato un autore fondamentale nel cinema americano. Amatissimo da Wim Wenders, che lo ha anche fatto recitare in due dei suoi migliori film (L'amico americano - dove, non a caso, era un fuorilegge, così come Nicholas Ray - e Lo stato delle cose, oltre che nel meno riuscito ma comunque interessante e teorico Crimini invisibili, dove Fuller fece la sua ultima apparizione in assoluto), da Godard, Tarantino, Jarmusch, Scorsese (che lo cita nel suo documentario "Un secolo di cinema - Viaggio nel cinema americano di Martin Scorsese"), Amos Gitai (che lo omaggia nel suo Kippur), Abel Ferrara. Tracce del cinema di Fuller si trovano nelle opere di tutti questi, così come anche in un film del calibro di Balla coi lupi, che Fuller, nelle tematiche, anticipò di oltre un trentennio con La tortura della freccia. Fece anche recitare brevemente un giovanissimo James Dean (non accreditato) ne I figli della gloria.

Spesso osteggiato dalla censura, Fuller attraversa i generi (western, noir, gangster, guerra, drammatico...) e parla delle contraddizioni, dell'ipocrisia, della finta morale, dei lati oscuri dell'America e fu un regista controverso e anticipatore, girò diversi film bellici in cui mostrava la sua visione totalmente antieroica e nichilista (Il grande uno rosso il più importante, ma anche Corea in fiamme - quest'ultimo che mostra una situazione finale di assedio che sembra anticipare le tipiche situazioni simili in Romero e Carpenter, ed una violenza che non sfigura a confronto di quella di Peckinpah), in antitesi con la cinematografia tipica americana. Girò sempre con budget ridotti, parlò di redenzione, guerra fredda, follia. E di razzismo, come in White Dog (e non solo).

White Dog, appunto.

I film di Fuller, dicevo, sono stati travagliati, talvolta tagliati pesantemente, spesso incompresi o totalmente travisati, e per questo divenuti ingiustamente controversi.

Uno dei casi più eclatanti, a tal proposito, è proprio questo film, uno dei suoi ultimi lavori, che venne due anni dopo il sopracitato Grande uno rosso, sua opera più celebre e importante.

In Italia non ebbe una vera distribuzione, non ha mai avuto passaggi televisivi né una stampa in DVD. Anni fa lo vidi scaricato, oggi l'ho potuto rivedere e riscoprire grazie a Prime (sempre sia lodato).

White Dog, appunto, è un film sul razzismo. Un film, va da sé, fortemente, radicalmente contro il razzismo, ma che in America venne scambiato per un film, invece, razzista. Deliri di stupidità tipici degli yankees.

Di film sul razzismo ce ne sono tantissimi, molti che, però, per via di facili semplificazioni, non arrivano mai davvero al profondo della questione.

Tra i molti film sul tema, questo di Fuller è senz'altro uno dei più intelligenti e meno banali, e per questo tra i migliori in assoluto.

Il film mostra come la brutalità dell'uomo sia infinitamente più grande e radicata, e soprattutto meschina, rispetto a quella di un cane. Il cane, vedendo il mondo in bianco e nero e per via della sua stessa natura emotiva, non giudica per via della razza ma in modo puramente istintivo e visuale. Non esiste razzismo in un cane, anche quando addestrato ad aggredire un uomo nero. Il cane agisce per via della paura e dell'odio che gli viene instillato in modo scientifico da parte dell'uomo tramite la violenza sistematica e a lungo perpetrata.

Fuller riflette così in modo ampio su un'intera società e sulla natura antica e profonda del fenomeno razzista. Ed anche su come, una volta identificato il problema, spesso si prediliga la via più semplice della repressione piuttosto che la cura. Cura che, comunque, è difficilissimo trovare. Una volta che l'odio e la violenza vengono trasmessi, è difficile che vengano sradicati davvero e del tutto. In certi casi, il germe non può essere estirpato, il veleno è troppo nelle viscere per essere curato. In un cane, così come in una cultura.

Alcune scene sono senza dubbio disturbanti, ma per quelle peggiori viene comunque usato il filtro del fuori campo, che rende tuttavia più dolorosi e talvolta atroci quegli stessi momenti.

Colonna sonora di Morricone, film straordinario, anche provocatorio a tratti, tra i migliori degli anni '80 e dello stesso Fuller, che consiglio a tutti di recuperare. Un'esperienza forte e crudele, ma che vale la pena di vivere per riflettere davvero.

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