Chissà come mai non ci ha provato sul serio, avrebbe avuto tutta l'intelligenza, le possibilità, il talento e anche gli agganci giusti su cui costruire un solido percorso solista, adesso che gli spazi temporali tra un album e l'altro dei Saint Etienne si sono notevolmente dilatati la prospettiva risulterebbe ancora più allettante, ma a quanto pare Sarah non è del mio stesso avviso. Questo "Lipslide" del 1997 è stato il suo primo e, ad oggi, unico album a suo nome; quasi un divertissement verrebbe da pensare, però nettamente superiore a tutta la produzione dei Saint Etienne dal 1996 fino al 2002. E qui è necessaria una breve panoramica su quello che sono stati i SE post-Tiger Bay; alti e bassi, forse più bassi che alti, dopo l'insipido "Good Humor" (il nadir della loro carriera) sono arrivati "Sound Of Water" e "Finisterre", con velleità trip-hop, ambient e sperimentali, qualche grande canzone e idee confuse, poca efficacia complessiva. Insomma, un gruppo che dopo il capolavoro del '94 ha passato un decennio in sordina, stentando a ritrovare una forma ottimale e dando la netta impressione di procedere per tentativi; dei tre la più ispirata era proprio Sarah, e l'ha dimostrato con un album che per alcuni aspetti anticipa la rinascita artistica dei Saint Etienne.

La cosa più curiosa di "Lipslide" è sicuramente una strategia di marketing quantomeno "anomala", o insensata per essere più chiari. Di questo album esistono ben cinque versioni diverse: inglese, scandinava, giapponese, americana (pubblicata nel 2000) e infine questo doppio CD deluxe del 2012, che mette un po' d'ordine alla diaspora di materiale delle quattro tracklist diverse, risultando de facto una raccolta completa del suo repertorio solista, quasi un ipotetico "The Essential Sarah Cracknell" data la qualità del materiale proposto. Pasticci di marketing a parte, dove conta veramente Sarah è sempre lei; graziosa, brillante, carismatica, leggera: leggera, soprattutto leggera, la sua levità è qualcosa di assolutamente naturale, una sua caratteristica innata tanto quanto la silhouette snella e slanciata o quella meravigliosa voce di pura seta. Questo "Lipslide" versione XL mette in mostra un'artista ispirata ed eclettica, tra "cavalcate" da dancefloor di grande impatto e brani semiacustici, raffinati e sottili; tante sfumature, la medesima classe da vera Signora del Pop. Il primo CD è quello "standard", che attinge dalle quattro tracklists edite precedentemente creando un album il più possibile dinamico, diretto ed immediato: qui si trovano canzoni che sembrano quasi riprese da quel "Words And Music" di quindici anni dopo, l'apoteosi danzereccia dei Saint Etienne; "Taking Off For France", "Desert Baby", "Coastal Town", che riprendono l'eccellente idea di unire melodie e arragiamenti raffinati a beats semplici ed energici, quasi di matrice eurodance, oppure "If You Leave Me", che strizza un occhio alla Disco old-style. Ma "Lipslide" non è solo un trip danzereccio, ci sono diverse sonorità e sfumature emotive; "Goldie", che sperimenta un soul/trip-hop ovattato e rilassante, le suggestioni bossanova di "Anymore", midtempos elettronici di grande eleganza e suggestione, come "Taxi" e "How Far", in cui si avverte l'influenza a livello di sound ed atmosfere di gruppi come i Morcheeba, il crescendo melodico di Ready Or Not" e "Can't Stop Now", meravigliose ballads dalle sfumature lounge-jazzy. Nel complesso un bellissimo album, spontaneo ed ispirato, molto anni '90, anzi, direi il meglio del Pop anni '90 a livello di sound; la mancanza di Bob Stanley e Pete Wiggs, le menti compositive dei Saint Etienne non si avverte minimamente, forse anche perchè bilanciata dalla presenza di tanti ottimi produttori, tra cui spiccano due vecchie volpi dei synth-pop come Stephen Hague e Andy Wright.

E poi c'è anche il secondo CD, che amplia ulteriormente un offerta già ricchissima e di gran pregio, accanto a qualche occasionale riempitivo si trovano tante altre perle, tra cui una bellissima demo "unplugged" di Ready Or Not", che amplifica ulteriormente la bellezza intima e carezzevole della canzone, "Judy, Don't You Worry", altra piano-ballad magistrale, stavolta con sonorità più intense ed agrodolci e il suadente pop-lounge di "You Just Won Me Over". In generale qui si dà molto più spazio a sonorità acustiche o comunque più rilassate, come nel caso di "Sea Shells" con il suo conturbante soul-folk, poi "Fifth Floor", Summer Song", "You Just Won Me Over", "Open Your Eyes", "What Happens Next". Con queste canzoni Sarah sembra intraprendere un viaggio verso isole remote e lontane, bianche spiagge tropicali e mari color turchese; un viaggio molto più immaginario di quello di Kirsty MacColl, però queste ballate semiacustiche, a volte dolci e melanconiche, altre più fresche e rilassate sembrano protese verso questi scenari, verso una lentezza e una tranquillità che non possono sicuramente appartenere alla frenesia di Londra.

Mi lascia un po' interdetto l’assenza di "Penthouse Girl, Basement Boy", impeccabile e trascinante performance synth-techno; quasi una "Pale Movie" versione 2.0, inclusa in tre delle quattro versioni precenti ma inspiegabilmente tralasciata in questa, che dovrebbe essere quella "definitiva", quella che conta veramente, ahi ahi ahi Sarah questa è una dimenticanza non da poco, da segnare con la matita blu, però te lo perdono, come potrei fare altrimenti? In queste canzoni ci hai messo tutta te stessa, il tuo fascino, la tua eleganza e la dolcezza, lo humor e l'allegria, è impossibile non rimanere conquistati da tanta naturalezza e sincerità, soprattutto se abbinati ad una voce meravigliosa e a un talento cristallino come il tuo. Me lo regalerai prima o poi un'altro disco così? Io un po' ci spero, magari un giorno arriverà, forse solo per me...

Sempre tuo, Danny.


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