SATCHEL THE FAMILY (1996) Noti perlopiù per aver gravitato nell’ orbita dei Pearl Jam (il cantante Shawn Smith e il batterista Regan Hagar hanno brillantemente spalleggiato Stone Gossard nei Brad), i Satchel sono stati con gli Afghan Whigs tra i pochi artisti capaci di andare oltre il grunge, una volta che questo genere si era definitivamente saturato. Per altro, di grunge in senso formale si trova poco in “Family”: giusto qualche aggressione chitarristica appena accennata qua e là, e un paio di grintosi episodi come “Some More Trouble” o il robusto funk di “Tomorrow”.
La sfida di Shawn Smith e soci su ”The Family” era ben più stimolante. Tracciare una traiettoria che, partendo dal Neil Young più intimista e soul (quello di “After The Gold Rush” e “Birds”), e passando per il Prince di “Purple rain” (“Time O The Year” omaggia fin dal titolo il folletto di Minneapolis), approdasse nel rock anni 90, abolendo gli steccati tra i generi banalmente chiamati rock e musica nera. Non sommando gli stereotipi dei due generi, come troppi artisti crossover facevano in quegli anni e forgiando un lavoro che resiste benissimo all’usura del tempo. Il risultato infatti è un sound ancora oggi fresco ed emozionante. Magnetiche tessiture col sintetizzatore (“Criminal Justice”) o quasi sempre col pianoforte solcano ogni singolo episodio di “The Family”, arrivando a lambire territori jazz.
Paradigmatica in tal senso è l’avvincente altalena emotiva messa in scena dalla conclusiva “Roll On”. Sublimi fraseggi pianistici jazz si infrangono su un tetro muro chitarristico alla Mad Season: davvero eccellente. L’ugola nera di Shawn Smith è poi toccante, passionale senza essere enfatica. Capace di librarsi in prove sentite anche su un tappeto sonoro scarno e rarefatto come in “Breathe deep”. Oppure di scaldare i cuori con un paio di ballate pianistiche da far morire di invidia Paul Weller, “Isn’t That Right” e “For So Long” . Pur senza avere l’appeal maudit del suo amico Greg Dulli – col quale duettò in uno dei migliori episodi di “Black Love” – Smith ha lasciato tracce indimenticabili negli anni 90. In definitiva questo è il classico disco cult: ignorato ingiustamente quando venne pubblicato, ma risplendente nelle bacheche di tanti appassionati.
Elenco e tracce
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