Come una nave che ha perso l’orizzonte e la meta da raggiungere così il sottoscritto considerava dispersi i Sed Non Satiata. Una nome che ai più potrebbe non dire niente (male), ma che all’interno del Vecchio Continente all’inizio degli anni 2000 s’è messa in mostra come una delle realtà più intriganti nel panorama alternative. Questi ragazzi vengono da Tolosa e confermarono ai tempi lo stato ottimale della salute francese in una scena di nicchia quale lo screamo era ed è tuttora. Autori di un full length di notevole prestigio, “Le Ciel De Notre Enfance”, nel 2005 s’affiancarono di tutto diritto a capisaldi nazionali come Daïtro, Belle Epoque, Gantz, Mihai Edrisch, Amanda Woodward e chi più ne ha ne metta. Si replicarono nel 2009 con un lavoro self titled e poi venne il buio, calò il sipario. Senza alcuna notizia di break-up, ed è forse così che ingenuamente li abbandonai : si sa, nello screamo riuscire a fare due dischi, stare in piedi per cinque/sei anni è già un miracolo, gli split sono all’ordine del giorno. Tutto questo fino a qualche giorno fa quando preso dalla nostalgia rispolvero proprio quel debutto targato duemilaecinque e mi metto alla ricerca di qualche informazione sul loro conto. Colpo di scena. Hanno ripreso ad andare in tour nel 2012 e a fine luglio è uscito un nuovo full length per Echo Canyon Records, il titolo è Mappo.
Un’insoddisfazione latente e l’emergere delle emozioni più celate, all’interno dell’eclissi malinconica di un ricordo passato, di una fotografia del presente o di una speranza per un futuro. Il lasciarsi abbandonare dolcemente dopo un brusco risveglio e lo struggersi nel combattere per il proprio essere. Voler reagire all’assopirsi continuo dei sentimenti. C’è un romanticismo che irradia ogni singola composizione e l’utilizzo del francese nell’esprimere i propri pensieri aiuta non solo a donare una certa particolarità alla proposta, ma a render il tutto così limpido e tremendamente avvolgente, dai tratti ipnotici. L’incipt di “Mappo” è tumultuoso, ma l’essenza dei Sed Non Satiata si dipana velocemente aprendo a sonorità dilatate e vocalizzi che ricordano echi lontani. In quanto sì, della duplice strada proposta dal mondo screamo che vede in prima istanza tutto il filone che sfida il powerviolence e vomita i sentimenti alla rinfusa, in modo caotico, senza alcun filtro, i nostri hanno sempre prediletto la seconda possibilità, ovverosia quella di articolare e riflettere andando a costruire strutture eleganti, emozionalmente corrosive e contaminandosi con altri lidi. Ed ecco così che lo screamo è cristallizzato e ben amalgamato con altre soluzioni stilistiche, in primis il caro, vecchio post-rock.
Un viaggio al cospetto di un tramonto spettrale, dove non c’è voglia di correre, ogni cosa ha il giusto tempo e solo l’accompagnamento di un incidere tribale sembra portarci via per sempre, prima che arrivi la nuova alba partorita dagli ultimi istanti di “Soma” a ricordarci prepotentemente di tornare a brillare. Arpeggi, accordi e riff che rappresentano dei sussulti vigorosi al fronte di una distorsione mai invadente e ci trascinano fuori dall’abisso, in un saliscendi ciclico di battiti ritmici. E’ un’omogeneità di contrasti, sembra (e forse lo è) un ossimoro, ma “Mappo” vive lungo tutto il suo minutaggio d’un alternarsi ben architettato di dissonanze e break profondi con una melodia liquida regnante come leitmotiv. Il metronomo della situazione è una voce in grado di disegnare armonie ed emozioni iridescenti, da un graffiato doloroso, al clean fino a giungere a un parlato caldo e oscuro. Si plasmano così atmosfere che culminano in chorus sofferenti o lasciano la regia all’esplosione strumentale e circoscrivono il tracciato dei Sed Non Satiata in un costante dualismo fra apprensione e risoluzione.
È un ritorno dai tratti cinematografici quello del gruppo francese, elaborato con grande cura e mestiere. Un lavoro che è una morfina, nel senso (metaforico) buono del termine e che rimette in carreggiata i Sed Non Satiata e li riporta in auge rappresentando una delle più gradevoli sorprese di questo 2013.
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