Si arriva allo Szene in anticipo, Andrea ci ha spiegato la strada così bene che posso farla ad occhi chiusi. Arriviamo in anticipo ed è sold out. "Sold out, I'm sorry" ...e no, non hai capito niente amico buttafuori, penso, sono qui per palpare il culo di Steve Albini e stai sicuro che lo farò. Vengo da Napoli e che cazzo, io entro... "I'm sorry"... e che ti sorry? perchè? Io entro poi tu mi puoi pure pestare, non mi ribello, faccio finta che stiamo pogando. I viennesi comunque non sono violenti, non mi avrebbe mai pestato, forse solo chiuso in cantina per qualche decennio, e non sembrano accettare lo scontro ed infatti un coglione occhialuto mi vende due biglietti. Gli sparo un Vierzig Euro e lui si bagna le mutande. Sicuramente non è napoletano e non ha nemmeno qualche avo napoletano: un napoletano m'avrebbe fatto arrivare almeno a trenta l'uno facendomi credere pure che m'ha fatto un piacere e che mi vuole bene.
Si gira un pò per il locale. Bello, bel impianto. Venti minuti e sale una crucca bionda, lunga e con una Les Paul che attaccata ad un vecchio Fender Bassman. Dopo cinque minuti non è male. Dopo dieci mi chiedo perchè non stacca l'octave. Dopo quindici capisco che non ha nessun octave. Dopo venti minuti non comprendo se è sempre la stessa canzone o se mi son perso qualcosa. Dopo venticinque mi dico che suona così bene la chitarra tanto quanto è brava a rompere i coglioni. Dopo trenta Denise mi dice che le ha rotto il cazzo: io confermo. Dopo trentacinque mi dico che è brava, rompicoglioni, ma brava. Dopo trentasette minuti ho le palle così distrutte che la messa delle 8:30 potrebbe fungere da collante. Dopo trentotto penso che nella musica è stato detto e fatto tutto e che siamo alla frutta, meglio suonare a rutti e peti. Dopo quaranta minuti stacca la chitarra, saluta e se ne va: penso che Dio sa essere molto cattivo, ma in fondo in fondo è giusto. Per la cronaca si chiama Allroh e conoscendo il nome la si può evitare.
Il primo a salire sul palco è quel cavernicolo di Todd insieme ai suoi orrendi capelli e mette la batteria a dieci centimetri dal bordo del palco. Poi arriva Bob e stacca la spia, aggiusta l'asta del microfono, prende il basso e si mette un pò a suonare per poi riandarsene. Per ultimo arriva Steve in tuta blu da metalmeccanico a togliere, pure lui, la spia, aggiusta l'asta e posiziona i due pedali. Ora ha una Bassman pure lui. Eccoli lì: zero lussi, zero sovrastrutture. Solo musica.
Dieci minuti, non guardano il pubblico, prendono i ferri e attaccano My Black Ass e ricordo d'aver pensato che ci sono volte in cui basta una canzone per farti sentire bene. Ricordo di star sotto il palco a gridare, ricordo di sorridere ed abbracciare Denise. E' felice pure lei. Ricordo Steady As She Goes e della ragazza di Vienna che parlava con un tipo di noi non sapendo che noi un pò di tedesco lo capiamo, ricordo che ballava in modo strano, sembrava uno Ian Curtis alle prese con il grande male e credo le piacesse... intendo gli Shellac. Ricordo un La che si spezza e ricordo la sostituzione in trenta secondi. Ricordo di Be Prepared e di Denise che mi urla un "Visto!?! Non sbagliano mica solo i Verdena". Non le ho risposto che la canzone fa proprio così, le ho sorrido solo. Ricordo di Squirrel Song e di come muovevo il culo, ricordo di Prayer to God e di non aver avuto più saliva a furia d'urlare, ricordo The End of The Radio e di Todd che si alza e si mette a fare il coglione, ricordo i questions time e ricordo che senza preavviso prendono a suonare il silenzio: una nota ogni trenta secondi, un rullante al minuto. E' strano come effetto, ma piacevole. La mente si dilata. Chiudi gli occhi e ti sembra di guardare fuori dal finestrino di un aereo: un mare di nuvole e il silenzio. Il silenzio e la calma.
Finito il tutto andiamo a prendere la U3. Non c'è nessuno mentre camminiamo. Sono felice. Ho visto la storia, non ha un bel grugno e picchia come Rambo Policano però mi piace. Guardo il mio viso nel vetro del metrò. Guardarsi allo specchio è come vedersi pensare e io non penso, rido e basta: per esser felici bisogna esser un pò stupidi. Arriviamo a casa e Andrea e Laura dormono: SILENZIO. Metto la testa sul cuscino e sento di puzzare un pò di sudore ed è bene che sia così: che concerto sarebbe senza sudore? Ricordo d'aver pensato mentre rallentavo i respiri che non bastano mille anni per vedere tutte le cose belle del mondo, di Vienna e degli Shellac. Devo farmi una lista, devo ponderare, selezionare. Devo cancellare un pò di merda dall'hard disk, devo farmi una puzza sotto il naso. Ecco: ricordo di essermi ordinato di cancellare un pò di dischi e di aver pensato che i tanti fighetti spocchiosi del cazzo dovrebbero ficcare la testa tra le chiappe di Steve Albini per vedere di cosa si nutre un pezzo da novanta.
Ora sono a casa. Un amico mi dice che venerdi è andato a vedere gli Afterhours. Gli sono piaciuti e gli dico che è vero che il bello sta nelle piccole cose, ma quelle troppo piccole non ti sazieranno mai e quando lo faranno ti verrà la nausea, ma non mi capisce. Sto pensando all'articolo che ho letto poco fa. Nico Marquardt, un liceale nerd di Humbolt, ha vinto un premio scolastico con un saggio su Apophis, l'asteroide che dovrebbe colpire la terra nel 2036 con la forza di 65mila bombe atomiche. Nico, questo rompipalle, ha rifatto i conti della Nasa e dice che c'è una possibilità su 450 e non una su 45mila. Ho troppo poco tempo per buttarne un pò, ogni volta, con le stronzate... forse.
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