Gli Shelter nacquero dalle ceneri degli Youth of Today, mitica band hardcore che nella seconda metà degli anni ottanta contribuì ad animare la scena straight-edge newyorkese sfornando alcuni capolavori del genere come “Break Down the Walls” e “We’re not in this Alone”. Lo straight-edge nasceva nei primi anni ottanta ad opera dei Minor Threat, che alla furia musicale univano una coerenza ideologica senza precedenti in netta antitesi con l’immagine tradizionale del rock quale portabandiera del “sex, drugs & rock’n’roll”. Al grido di “Don’t smoke, don’t drink, don’t fuck” un’intera generazione si ruppe le ossa sotto (e sopra) i palchi dei concerti delle band in questione.

Se da una parte gli Shelter conservano quest’anima “straight”, dall’altra si fanno portavoce di una svolta mistica ispirata dal movimento “Hare-Krishna”, della quale Associazione entrano a far parte sia il cantante Ray Cappo che il chitarrista John Porcell. Detto per inciso, un’altra band importante che in quegli anni opera la stessa svolta, sebbene con toni meno credibili, sono i Cro-Mags. Cosa c'entra Krishna con l’hardcore è presto detto, infatti non c’è da stupirsi che dei ragazzotti americani infarciti di puritanesimo integralista possano trovare nella religione un’ulteriore conforto alla propria ansia di emendare l’umanità da tutti i mali.
Ma veniamo al disco che, trattandosi probabilmente del punto più alto della parabola compositiva degli Shelter, sembra avere un titolo azzeccato, se letto col senno di poi. Ciò che di buono era già stato detto col precedente “Perfection of Desire” raggiunge qui la sua piena maturità. Messe da parte certe forzature ritmiche e dando maggiore sfogo alla melodia, una band in stato di grazia sforna dieci pezzi uno più bello dell’altro, animati da un autentico fervore spirituale che risuona per ogni dove.

L’accostamento più naturale, musicalmente parlando, è quello con i “7 Seconds”, storica band con la quale gli Shelter hanno più di un punto in comune. Un hardcore, ma in realtà si tratta né più né meno che di ottimo rock dal quale traspare l’originaria matrice, ammantato di un’atmosfera leggera ed emozionale, grazie anche alla voce unica di Ray Cappo, che passa con disinvoltura dai toni più aggressivi a quelli più delicati senza mai perdere forza, e alle tessiture chitarristiche di John Porcell, che rendono ogni passaggio fluido e senza sbavature, una formula magica che nella discografia degli Shelter non ha eguali. La produzione è certamente poco muscolare per un gruppo di matrice hardcore, e senza dubbio si tratta del disco per così dire meno “potente” del gruppo, ma a fronte di questo c’è qualcosa di più profondo che si fa strada nel cuore dell’ascoltatore, una poesia musicale dalle melodie vibranti e dal sapore lievemente nostalgico, qualcosa d’irresistibile che non manca mai di suscitare emozioni ad ogni nuovo ascolto. Tra pezzi più o meno ritmati c’è spazio anche per una semi-ballad come “Progressive Man”, ma le vere perle del disco sono l’opener “Better Way”, la successiva “One Concern”, “Not Just a Package” e la tiratissima “Busy Doing Nothing”. Chiude la raccolta il brano “Shelter”, ripescata dal precedente “Perfection of Desire” e riproposta in versione Rap-Core.

Veniamo ora ai testi, che per molti rappresentano la nota dolente di tutte le band krishna-core, per i loro contenuti anti-droga, anti-alcool, anti-abortisti, anti-modernisti e chi più anti ha più ne metta. Recentemente un amico mi raccontava di essere stato testimone oculare, negli Stati Uniti, di un’aggressione a un poveraccio che si fumava beatamente una sigaretta proprio ad un concerto degli Shelter. Folklore suburbano? No, idiozia. Ma se è vero che molti di questi gruppi, per eccesso di zelo apostolico, hanno esasperato i toni fino al punto d’istigare i ragazzi all’intolleranza ideologica, la stessa cosa non può dirsi per gli Shelter, che fra mille polemiche portano avanti le proprie convinzioni spirituali senza mai cadere nel melodramma stupido dei propri colleghi. Quelli di Ray Cappo sono testi magari non condivisibili, ma comunque propositivi, testi che offrono una visione del mondo alternativa per la quale vale la solita regola del “prendere o lasciare”, ma la cosa che più conta, come sempre, è mettere da parte i pregiudizi e vedere di persona di cosa si tratta. Come afferma lo stesso Ray Cappo:

“I’m not proud of my place of birth, some random place on earth, I claim no nationality, no religious institution, or denomination, I’m a separate personality”.

Insomma, qualunque sia la vostra idea, date un ascolto al disco.

Elenco tracce e video

01   Better Way (03:17)

02   One Concern (03:30)

03   In Praise of Others (03:48)

04   Consumer (03:18)

05   Progressive Man (04:26)

06   Not Just a Package (04:22)

07   Hands of Time (02:48)

08   Knowledge of the Absolute (02:20)

09   Busy Doing Nothing (02:45)

10   Shelter (03:00)

11   [unknown] (05:42)

12   [unknown] (27:13)

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