Il debutto major degli Shudder To Think brilla ancora nei nostri scaffali, a più di dieci anni dalla sua pubblicazione. E’ il classico disco rock anni 90: impregnato di contaminazione, invettiva e personalità. In questa categoria, ”Pony Express Record” fu tra i vertici assoluti. Non ebbe il successo sperato sia perché era poco omologato agli stereotipi alternative-mtv ormai imperanti nel 1994, sia perché era troppo in anticipo nel battezzare sonorità emo (in particolare grazie alla voce di Craig Wedren) che, con molta meno originalità, avrebbero caratterizzato la seconda parte della decade.

Partendo dal post-punk dei Fugazi (gli STT si formarono a Washington DC e i primi dischi furono pubblicati dalla Dischord) Wedren e soci sfoggiarono nel disco in questione un eclettismo strabiliante, memore dei Jane's Addiction nella capacità rarissima di fondere diversi stili in un solo pezzo con la naturalezza dei fuoriclasse. E’ probabilmente il disco che Billy Corgan aveva in mente di realizzare con “Mellon Collie”, ma che non gli riuscì appieno, in mezzo alla prolissità e al manierato mal de vivre del suo autore.

Cosa rende il sound di “Pony Express Record” tanto pregiato? Una congerie di suoni neo-psichedelici e folk e che si infrangono su ruvide certezze post-punk e grunge. Un felice connubio tra melodia e rumore, tra la visionarietà del rock anni 60 e l’urgenza di quello degli anni 90, magistralmente fotografato dalla asciutta produzione di Andy Wallace. Oppure la capacità di andare oltre gli stilemi zeppeliniani: In brani come “9 Fingers on You”,”Chakka” o “Sweet Year Old” l’impeto del Dirigibile si sublima in sonorità emocore, creando momenti davvero eccitanti. E che dire poi dei sontuosi deragliamenti verso lidi post- rock (“Kissi Penny”, “Full Body Anchor”), o all’inseguimento di virtuosismi jazz (“Own Me”), resi ficcanti dall’eccellente bagaglio tecnico dei musicisti capitolini?

Detto di un paio di ballate da urlo (“No RM 9, Kentucky”, “Trackstar”), eccellenti nell’evidenziare le sfumature soul della voce di Wedren, il contenuto del disco è probabilmente sintetizzato dalla mirabile “So Into You”. Momenti di silenzio squarciati dalla strepitosa ugola del vocalist si alternano a una furia elettrica fenomenale. Indubbiamente l’acme di un disco da rivalutare.

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