Val Xavier (M. Brando) ha trascorso gran parte della sua vita nei night club insieme all'amata chitarra e ad una giacca di pelle di serpente, indossata con la stessa fierezza di un militare con le sue cicatrici di guerra, che a lungo andare è diventata il suo segno distintivo. Dopo alcuni guai giudiziari a seguito di una rissa scatenata in un locale, Val decide di cambiare vita e si trasferisce in una cittadina dominata dal maschilismo, schiava dal pregiudizio razziale e avvelenata da profondo perbenismo. L'incontro con la moglie dello sceriffo, una pittrice che soffoca interiormente l'insoddisfazione per la realtà in cui è calata, riesce a procurargli un lavoro presso l'emporio Torrence, gestito dalla moglie del proprietario, Lady (A. Magnani), malato e vicino alla fine (V. Jory).
La donna, di origini italiane, cova rancore per il suo passato triste, i cui ricordi sono legati soprattutto all'incendio provocato da ignoti alla vigna del padre dopo che costui aveva venduto da bere a degli uomini di colore, e odia profondamente suo marito, in perfetta sincronia con la mentalità comune. La popolarità di Val è alla stelle, specie fra le donne, ma gli uomini del paese si oppongono alla sua presenza e finiscono con il minacciarlo: deve abbandonare la contea se non vuole grane. Frattanto, Lady e Val diventano amanti ma il marito subodora la relazione e in uno scatto di rabbia, rivela alla moglie di essere stato uno dei partecipanti all'incendio della vigna paterna. Il legame adulterino è scoperto inoltre dall'occhio esperto dell'infermiera del marito, che si accorge di una gravidanza. La notte dell'inaugurazione di una pasticceria, costruita in modo da riprodurre proprio una vigna, Mr Torrence incendia il locale e chiama aiuto a gran voce accusando Val. Con un inevitabile epilogo tragico.
Nel 1959, Sidney Lumet si trova al suo quarto lungometraggio. Per la realizzazione di "The fugitive kind" convoca il celebra drammaturgo statunitense Tennessee Williams, che aveva già lavorato otto anni prima con la Magnani per "La rosa tatuata" (che frutterà un Oscar all'attrice), affidandogli soggetto e sceneggiatura. L'idea di base è interessante: in una contea del sud, a metà fra l'"Our Town" di Wilder e la Spoon River di Lee Master, si consuma la passione adulterina fra un uomo e una donna più anziana. La regia tenta di seguire pedissequamente le direttive di Williams ma con risultati non del tutto riusciti. La tensione erotica cui aspira la pellicola, incentivata dalla presenza possente e misteriosa di Brando, sembra quasi essere incrinata dalla critica sociale rivolta alla grettezza degli abitanti fino ad esserne paralizzata. Lo zampino di Williams si rivela, se pur in modo lieve, controproducente: impossibile infatti, data la trama e le evoluzioni, che la memoria non corra a "A streetcar named desire", dove però l'obiettivo di ricreare un'atmosfera di intensa sensualità prosegue secondo soluzioni di gran lunga migliori, con ottimi risultati. Infine, i richiami ad "Ossessione" di Visconti (nel dialogo iniziale fra i protagonisti l'uso tagliente del bianco e nero ricorda palesemente quello del capolavoro neorealista) sono più banali che arricchenti e la coppia inedita Magnani-Brando potrebbe non risultare del tutto convincente specie in un segreto e torrido menage.
Si è citato in precedenza il tema della critica sociale. Lo sviluppo della tematica in questione è affidato quasi interamente al personaggio di Carol Cultrere (J. Woodward, la moglie di Newman). La ragazza aveva lottato a favore della popolazione di colore, si era battuta per contrastare il dilagante buonismo dell'ambiente che la circondava ma non ne aveva guadagnato nulla, se non l'inimicizia dei concittadini e l'emarginazione. Carol si innamora di Val, che aveva conosciuto in uno dei tanti locali notturni in cui l'uomo lavorava, e vuole convincerlo a ritornare sulla vecchia strada, abbandonando i "buoni propositi" che lo animavano a seguito del carcere ma suoi tentativi si rivelano inutili sin dal primo incontro. Lumet permette al personaggio di penetrare anche nel filo conduttore della pellicola senza lasciarla ai margini, strumentalizzandolo ai fini della sola critica. Piange sul corpo di Val e, in conclusione, raccoglie fra le macerie della pasticceria la sua "pelle di serpente": proprio come il rettile nel momento in cui cambia pelle lascia tracce di sé, altrettanto Val dopo la sua morte aveva lasciato la sua impronta in quel villaggio eludendo gli ostacoli di quel microcosmo e infondendo in Carol il coraggio di partire per sempre.
Se la Woodward riesce a brillare grazie ad una funzione narrativa parallela e centrale allo stesso tempo, Anna Magnani si dimostra splendida come sempre. Non le crea alcun impaccio il ruolo dell'adultera e soprattutto prorompe sulla scena senza lasciarsi adombrare da Brando. La sua capacità di arrivare al pubblico in modo spontaneo e veridico costituisce una delle fortune del film poiché stempera le tonalità eccessivamente drammatiche, spinte alla tragicità finanche ad una resa manierata e stucchevole. Per quanto riguarda Brando, in confronto alla divina Anna ma anche ad altre sue interpretazioni passate e future, non mantiene il passo, non aderisce a pieno al personaggio dividendosi fra il musicista maledetto dal passato losco e l'uomo pronto a ricominciare una vita pulita. Sembra quasi di seguire due Val diversi (premuroso con la vecchia moglie dello sceriffo, a tratti rude con l'amante), ma c'è la certezza che il pubblico femminile apprezzerà lo stesso.
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