“My life seems unreal, my crime an illusion, a scene badly written in which I must play…”.
Paul Simon e Art Garfunkel. E’ così che mi fanno sentire questi due autentici geni ogni volta che li ascolto.
Sono tra quei pochi autori che riescono a riempire con incredibile finitezza momenti allegri e altri di estrema tristezza. Mai monotoni o inespressivi, capaci di fare dello strumento un virtuosismo senza però intaccare con appesantimenti inutili la melodia e il ritmo.
Il tutto a contorno di testi che anche spogliati del suono conserverebbero inalterato il loro significato. Queste melodie nascono dalla volontà di creare situazioni immaginarie, prescindibili dalla realtà. E’ stato, è e sarà sempre un disco per instancabili sognatori, incapaci di concepire la propria esistenza senza amore è libertà.
Aggiungere informazioni sulle singole canzoni sarebbe solo un modo per oscurare qualche pezzo con inutili giudizi personali, visto che la loro musica non è oggettivamente qualificabile ma solo da ascoltare e amare così com’è.
L’unica cosa che non riesco a spiegarmi è come in un mare di recensioni, commenti, opinioni in cui sguazzano mestamente dischi di Lunapop e Spice Girl non compaia traccia di questo duo…
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