Vengo con questa mia a dirvi di un giovanotto misterioso che si farà parecchia strada, ci posso mettere pure i piedi sul fuoco. E per farsi strada intendo nell'underground, a mio avviso il solo panorama da tenere veramente d'occhio. Di lui non si sa molto, il guaglione è timido e non si racconta parecchio. Si chiama Simon Linsteadt, sembrerebbe essere sulla trentina ed è probabilmente nativo di San Francisco (CA), cuore di quella west coast che può essere ascritta a vera patria del folk fingerpicking. Oltre a tre album da solista- oggi vi racconto brevemente del primo- milita in una formazione di bluegrass chiamata Steep Ravine di cui è voce e chitarra, con all’attivo due album.

Altro non saprei dirvi, se non che dovete tassativamente dargli un ascolto anche se poi può non piacervi. Questo album, eponimo, contiene dodici canzoni chitarra e voce (con qualche leggerissima incursione di piano), come impone la migliore tradizione folk: brani essenziali, che si dipanano senza fronzoli arrivando direttamente al cuore. Poche costanti: elegante costruzione armonica, capacità magnetica non indifferente, una vocalità tenue, delicata ed avvolgente e arrangiamenti sapienti che mediano alla perfezione tra il folk del passato e le sue evoluzioni più recenti. E alle spalle maestri, dei migliori. Lontanamente si percepiscono echi di James Taylor, Paul Simon e una certa malinconia che richiama immediatamente Nick Drake, senza possederne però l’inquietudine e la tristezza di fondo. Qualcos’altro ricorda Elliott Smith. Insomma, mostri sacri che hanno fatto la storia del genere.

Registrato presso i Tiny Telephone Studios, nella medesima stanza già utilizzata per i due lavori con gli Steep Ravine, l’album spicca per le atmosfere sognanti, meditative, e il rasserenante paesaggio californiano che ha ispirato la nascita di questi brani trasmette calma, intimità, semplicità, la stessa rinvenibile nei testi che altro non sono se non intime confessioni e ricordi. Momenti migliori probabilmente non ce ne sono, l’album non perde neppure un secondo in ispirazione. Tutto è essenziale, nulla superfluo.

Ma se proprio dovessi indicare qualche traccia che mi ha maggiormente colpito e che reputo assolutamente imprescindibile, allora vi consiglierei in rapida successione Half Moonlit Mood, la drakiana If music isn’t real, la strumentale Ft. Bragg, Soulajule, il bluegrass quasi manouche di Time and again, Back to bed in California e la conclusiva Pine Hill Rd.

Altro consiglio, importante. Ascoltate quest’album nel silenzio della notte oppure all’alba, un certo raccoglimento è necessario per immergersi a pieno nel suo mood, per goderne completamente. Un giorno mi ringrazietere, lo so. Statevi bene.

https://open.spotify.com/album/4ouxaHFhnih4OmbKNNmEMZ

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