Scrivo con non poca difficoltà ed imbarazzo di questo album della Irish Princess datato 2005. Due considerazioni per cominciare:

•1) io amo Sinéad come artista e come provocatrice, questo dai tempi dei tempi. Mi considero un buon conoscitore sia della sua opera che delle sue vicissitudini pubbliche.

•2) io non sopporto il reggae. Purtroppo non fa per me. Non ne ho la cultura e soprattutto, cosa principale, penso che le canzoni siano tutte uguali (ma ammetto che "Redemption's song" di Marley sia notevole, soprattutto cantata da Sinead). Niente mi potrà smuovere da questo pensiero.

Detto ciò, che dire di "Throw Down Your Arms" ? Beh secondo me è un disco di canzoni più o meno tutte uguali, con le chitarrine e le ritmiche tutte in levare, che fanno tanto reggae appunto, e che mi urtano per il loro monotono incedere.

(Ok, Fine Ora votate!) ...Se non fosse per Sinead che grazie a Dio riesce a spostare la mia attenzione verso le sue malìe e mi impedisce l'inevitabile calo del desiderio.

Già nella scelta dei collaboratori ella garantisce, per lo meno a probabili detrattori come me, che il tutto sarà suonato tecnicamente in maniera ineccepibile. Direttamente dai Tuff Gong Studio di Giamaica, infatti, vengono reclutati niente po po di meno che Sly e Robbie (storici collaboratori di Bob Marley) che sono anche produttori del disco. Inoltre viene intelligentemente scelto di interpretare pezzi meno conosciuti del panorama rastafari (grazie al cielo non l'ennesima  NOUOMANOCRAI). Il ché mi ha ben disposto all'acquisto.

Ed ancora Sinéad si dimostra intelligente (c***o se lo è!) aprendo l'album con un pezzo quasi a cappella, "Jah Nuh Dead" (Dio non è morto) di una bellezza sconfinante, che è musicalmente "altro" rispetto al resto del disco ma che riassume splendidamente l'intento spirituale del concept.

Eh si perché per chi, come me, è così lontano da questo mondo, l'unico modo per apprezzare il genere è appropriarsi del suo  linguaggio e cominciare a rispettarlo. Sinéad ci aiuta in questo tralasciando le superficialità baraccone di certo reggae caciarone e canta a voce mai così pura: questa è musica dello spirito ed io voglio cantare Dio. Il reggae è la Musica che mi permette di farlo.

Ovvio le modalità (strumentistiche) rimangono sempre quelle che io, personalmente poco apprezzo, ma non importa, in questo caso l'intento filologico è più importante del chitarrino.

Ad ogni modo anche un sacrilego del reggae come me non può non rimanere impressionato dalla rilettura di "Downpressor Man", che mi dicono dalla regia essere un pezzo piuttosto famoso, o dalla carica contagiosa di "Prophet Has Arise". E che dire poi, del colpo di genio (folle ragazza) di voler chiudere il disco con quella "War" che le era rimasta in gola sin dalla celebrazione di Bob Dylan del 1992, quando le venne impedito di cantare, osteggiata da un pubblico fischiante?

Chiudo il mio scritto con un pi-esse:

p.s. ho un amico che suona la batteria in un gruppo reggae. Gli ho fatto ascoltare il disco ed ha detto che è suonato gran bene ma che la voce di Sinéad manca di intenzione.

Non mi sento di dire nulla in contrario poiché non ho gli strumenti per contraddirlo. Questo infatti rimarrà l'unico disco reggae del mio catalogo.

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