Il lato più tetro del Brutal Death Metal; questo è in poche parole il succo di questo disco. Pubblicato nel 2001 dalla Relapse Record (dopo un valido debutto da poco rimasterizzato dal titolo “Progressions Toward Evil”), questa uscita è passata pressoché inosservata e tuttora riceve molti meno tributi di quanti secondo me dovrebbe ricevere. Ahimè, è rimasto un episodio irripetuto nella carriera dei quattro Newyorchesi che, se prima erano dediti ad un Brutal Gore demenziale (nonostante fosse già molto pesante e oscuro), sono ora in una fase evolutiva che li porta in territori più tecnici e meno potenti.

Il disco in questione è composto da nove tracce molto ma molto varie e assolutamente distinguibili, la qual cosa non è una caratteristica molto comune tra le band underground. Le particolarità dell’intero disco, che lo discosta dai cliché del genere, sono a parer mio l’impareggiabile potenza (complice una produzione perfetta) e l’oscurità che ne esce a fiotti: oscurità ripeto, claustrofobia, suoni cupi e lugubri per testi altrettanto sconsolanti che tralasciano lo splatter per incentrarsi sulla miseria della vita e del mondo.

Non troverete un solo assolo che alleggerisca un po’ la tensione e poche accelerazioni che rendano il tutto un po’ più fluente: nonostante l’aspetto compositivo sia palesemente curato in modo maniacale, le canzoni si giostrano su tempi mai troppo tirati, prediligendo la compattezza alla velocità. Ad accrescere ulteriormente il senso di desolazione, ci sono alcuni testi di un umorismo talmente macabro e acido che, invece di far ridere, sortiscono l’effetto di aumentare l’idea di squallore della vita umana.

Un lavoro che per essere apprezzato appieno va anche affrontato a livello tematico, un lavoro in cui la tecnica strumentale (sebbene usata nella giusta misura) passa in secondo piano per lasciare il posto ad un mood che non riempe l’animo di rabbia, non di odio, non di disperazione né di depressione: solo di tenebre.

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