E se sulla bilancia Trip-Hop, il piatto Trip pesasse decisamente di più di quello Hop?

E se le pulsanti inquietudini metropolitane dei Massive Attack, si trasformassero nel battito surreale di caleidoscopici cuori alieni?

E se le sinuose volute di fumo dei Portishead non fossero quelle esalate in eleganti Night-Club, ma quelle deformate e aleggianti di un’esotica fumeria d’oppio?

Se così fosse, i pezzi sarebbero come dadi da gioco lanciati sul tappeto di un marasma sonoro in continua evoluzione e trasformazione. Roteerebbero incessantemente su loro stessi, mostrando di continuo le diverse facce di un’attitudine schizoide.

Ci sarebbero una miriade di dettagli che come pulviscolo spaziale offuscherebbero la visuale dall’astronave, attraverseremmo lunghi tunnel psichedelici a cavallo di sghembi poemetti pervasi da sintassi extra-terrestre.

Il ritmo sarebbe frantumato e ricomposto, audaci enjambement siderali spezzerebbero di continuo lo sviluppo dei distici. Avremmo coretti campionati che apparirebbero e scomparirebbero in un battito di “bubble-synth” e l’armonia sarebbe pettinata per gioco e spettinata per metodo.

Avremmo pianoforti scordati che darebbero il la a sbilenche linee di slide-guitar, un tribalismo malato ci sorprenderebbe in giungle acide dove bestemmie di scimmie urlanti sarebbero sputate da isterici clarinetti. Ci sarebbero variopinti insetti elettronici, grossi e sfuggenti come aquiloni.

Una tavolozza confusa e disordinata di colori spremuti alla rinfusa sarebbe continuamente illuminata dalla danza di una fredda fiamma blu cobalto che abbia scelto il vento come ballerino.

Se succedesse tutto questo avremmo gli Skylab, avremmo un Trip-hoppiaceo.

Carico i commenti... con calma