Dietro il nome d' arte di Smog, si nasconde l'introversa e profonda personalità di Bill Callahan. Cantautore tra i più talentuosi degli anni '90, Smog si serve di un registro dimesso e malinconico per descrivere il suo animo tormentato. I suoi testi trasudano un sentimento di evasione, di non appartenenza a questo mondo; la sua condizione sembra essere quella tipica del "disadattato" alla vita, trascinato da un'esistenza inerte costellata da preziosi desideri inappagati. Wild Love riflette in musica tutto questo. I suoi arrangiamenti sono scarni, a volte spettrali, freddi come l'acqua dell'oceano. Il suo suono è grezzo, ruvido, tagliente, "low-fi ", perfetto paesaggio per la bellissima voce di Callahan, dal tono baritonale, profondissimo, che si incastra perfettamente in questo scenario desolato, regalando all'ascoltatore brividi d'emozione vera, isolandolo nella più devastante solitudine.

Il disco, tanto per gradire, parte subito con un capolavoro: "Bathysphere" è la summa dell'artista Smog. Un ritmo ossessivo stronca il fiato di un solfeggio che sembra il battito di un cuore, mentre una chitarra vibrante emette un continuo ed estenuante lamento ipnotico. Si viene intrappolati in uno stato d'ansia claustrofobica tremendamente affascinante. Un gioiello purissimo. La title-track è una breve scheggia d'autore, straziata dal graffiante suono di un violoncello, e da spettrali tintinnii. "Samebody shot down my wild love" intona Callahan, mentre il tutto si spegne quasi prima ancora di cominciare. "Sweet Smog Children" sembra evocare i fantasmi di Nico, pervasa com'è dalle dissonanze di un carrillon e da rumori di fondo stranianti. "Limided Capacity" ha la stessa forza di una candela prossima allo spegnimento, tre accordi di piano e basta. Se non è minimalismo questo... "It's Rough" rappresenta un'altra gemma di raro splendore, una melodia struggente e malinconica, intessuta questa volta da un arrangiamento più complesso ma mai invadente, sempre elegante e di gran gusto.
L'unico brano forse un po' troppo carico di magniloquenza è l'apoteosi sinfonica di "Prince Alone In The Studio", dove Smog immagina il cantante di Minneapolis che preferisce la compagnia della sua chitarra a quella delle ragazzine urlanti che vogliono far sesso con lui. Il brano è ottimo, però stona un po' con l'essenzialità del resto del lavoro. In conclusione troviamo l'unico spiraglio di luce, regalatoci dalla tenera melodia di "Goldfish Bowl", una dolcissima nenia dal ritmo sincopato, accarezzata da spire di violoncello di rara eleganza.

Vero capolavoro di miniature deliziosissime, Wild Love merita di essere annoverato senza dubbio tra i dischi "da avere".

Carico i commenti... con calma