Con un pizzico di superbia credevo di conoscere, bene o male, la gran parte dei gruppi "rilevanti" che suonano doom metal. Che grossa cantonata! Il doom inglese per me è sempre stato rappresentato dalla triade Anathema - My Dying Bride - Paradise Lost (non mi metto ora a distinguerne le varie fasi perché rischio di fare notte), ma ho sempre trascurato (senza volerlo) una band che, ascoltandola, si merita ampi plausi, sebbene, lo dico subito, non raggiunga le vette espressive del sopra menzionato trio: i Solstice.

Va detto che, nel disco che me li ha fatti conoscere, "New Dark Age", i nostri sono dediti più a un epic doom (qualcuno ha detto Candlemass?) che a delle divagazioni letterario-romantiche tipiche degli altri tre, una sfumatura che tutto sommato non mi è mai piaciuta poi più di tanto abbinata a questo genere. Ciò nonostante il risultato è più che buono, e mi fa venire voglia di scavare nel passato di questa band.

Passando al lavoro in questione va detto che, dal lato tecnico, non ci sono grossi fronzoli: chitarra, basso, batteria e voce (e che voce!) sono gli elementi che servono ai nostri per trasportarci nel loro mondo fatto di influssi fantasy e medievaleggianti, riferimenti alla mitologia e alle antiche leggende popolane. Come genere vuole la gran parte dei brani sfiora i dieci minuti, mettendo in luce (raramente, va precisato) una certa prolissità e monotonia che alla lunga possono stancare. Una batteria tellurica, possente e, aiutatemi a dirlo, lenta, un basso che non si limita a fare da ponte tra sezione ritmica e melodica ma aggiunge toni oscuri e profondissimi, una chitarra che solo talvolta si lancia in assoli particolarmente variegati, e una voce, quella di Morris Ingram, sempre in clean, epica e tormentata, che in un paio di occasioni si dimostra eccezionale (sto pensando soprattutto ai due minuti scarsi di "The Keep", dove accompagnata dal sottofondo di un vento gelido, canta a cappella strofe di una malinconia devastante) saranno i vostri compagni di viaggio lungo questo lavoro.

Tolto qualche riempitivo (intro e outro), eliminato qualche pezzo non proprio rilevante ("Cromlech") e scorciato qualche altro (la title track, funerea e lancinante, che alla lunga pare trascinarsi stancamente e senza particolari variazioni per dodici minuti) avremmo di fronte un disco da massimo dei voti, ma anche così piace e non poco. Certo bisogna fare l'orecchio alla voce del cantante, almeno io ho fatto un attimo di fatica a abituarmici, ma ne è valsa la pena.

Di fatto un brano come "The Sleeping Tyrant", con la sua foga travolgente e la sua titanica eticità non può che conquistare i cuori degli ascoltatori, così come la successiva "Cimmerian Codex"; a completare il trio aggiungo infine la già citata "The Keep".

Un gradino sotto a queste si pongono la strumentale "Alchemiculte", "Blackthorne" e la titletrack; a seguire le altre tre.

Dal mio punto di vista la parte da leone in questo disco la fanno le atmosfere folk da ballata medievale che di tanto vengono introdotte, e che avvolgono ancor più i brani in una veste affascinante e insolita.

"New Dark Age" è un lavoro da riscoprire, come tutta la discografia dei Solstice del resto, gruppo, lo ripeto, forse sottovalutato e che magari potrà perdere anche il confronto con realtà doom inglesi ben più blasonate, ma se la gioca comunque a testa alta e con tantissimo cuore.

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