In un mondo come quello dei videogiochi, ed in particolare in quella categoria di giochi tradizionalmente chiamati "rompicapo", o "puzzle", che dir si voglia, è strano immaginarsi di vivere, un giorno, d'improvviso, dentro un dado, senza possibilità di lanciarlo lontano in quanto ci si trova dentro di esso, e allo stesso tempo ritrovarsi in mezzo a tanti altri oggetti di quello stesso tipo, con lo scopo di salirci sopra o spingerli, pur di combinarli in ogni modo. Due da due, tre da tre, quattro da quattro, cinque da cinque, sei da sei, con le rispettive superfici puntate verso l'alto in modo da combaciarle perfettamente. "Alea iacta est", diceva Giulio Cesare anni e anni fa.

E questo soprattutto se si impersona una specie di piccolo diavoletto multicolore (rosso, blu, verde, ecc.), inserendo un CD dentro una PlayStation.

E' ancora più strano se si sa che è possibile combinare quei dadi o singolarmente oppure battendosi contro altri diavoletti di colore diverso da quello del giocatore singolo. Addirittura se si pensa che certi di quei dadi non sono semplici dadi. Possono essere dadi semplici, come lo possono essere di legno, di ferro, o persino d'acciaio. E non è possibile muovere quei tipi di dadi sempre come si vuole.

Sono quei particolari che fanno capire che è necessario usare la propria materia grigia per far fronte a queste stranezze.

Per giunta provenienti dal Sol Levante, targate 1997.

Quel che viene fuori non è una tortura mentale, ma un videogioco che, se studiato fino a fondo, diventa irrinunciabile.

Questo è "Devil Dice", un interessante esperimento imperdibile per tutti gli amanti non solo dei rompicapo, ma anche di esperienze particolari e tali da non avvenire tutti i giorni.

Gli altri gli diano una possibilità almeno una volta, o se ne allontanino se proprio hanno il ribrezzo dei puzzle.

Buona partita.

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