Ricongiungendomi dopo un po’ di tempo con voi amici di DeBaser, vorrei ritagliarmi un angolo di autoindulgenza per dire che quella che segue è la prima recensione in italiano su questo artista, che spero possa essere conosciuto anche in Italia come merita: il sevigliano Antonio Luque, che sotto lo pseudonimo di Señor Chinarro è attivo ormai dall’inizio degli anni Novanta.

Nome di culto della scena alternativa iberica, col passare degli album ha, in barba alla non eccessiva accessibilità delle sue proposte, ottenuto un seguito tra i più folti e affezionati della nicchia Indie Pop spagnola.

Personaggio evasivo, geniale ma volutamente mai appariscente, la cifra stilistica più apparente dei suo dischi è il raffinato sincretismo fra la chitarra acustica dal retroterra prettamente ispanico (senza però ammiccamenti troppo ovvi al flamenco) con influenze disparate come Joy Division, Byrds, Paolo Conte, i Cure.

Potrebbe sembrare un calderone caotico, e forse in parte lo è, ma la forza del Chinarro è filtrare attraverso la propria personalità ogni modello originario, che sbiadisce tanto da diventare un eco lontano e vago. Per dirla come Julian Cope, potrebbe suonare nota per nota un brano altrui facendolo comunque diventare irrimediabilmente proprio al cento per cento.

L’ermetismo dei testi, oscuri e affascinanti, umoristici e surreali, è il vero trait d’union in una produzione altrimenti variopinta e cangiante.

El Porquè De Mis Peinados”, del 1997, è uno dei dischi artisticamente più riusciti, giudicato da più parti tra i migliori 100 mai registrati in Spagna.

Appartiene alla fase più ermetica e magica del musicista andaluso, che esplora, deformandoli attraverso lo specchio della propria fantasia, temi quali il ricordo, l’adolescenza, il sesso, la nostalgia e la frustrazione, un procedimento non dissimile dal primo Syd Barrett.

La prima traccia  “A La Luz De Dos Velas”, colpisce per la fine opposizione luce/ombra: su un ritmo regolare delle percussioni, una musica apparentemente solare e mediterranea si trasforma in ombrosa a mano a mano che Chinarro ci porta tra “i vicoli della città” del testo.

Tu Casa O La Mìa”, anch’essa prevalemente acustica, è una delle canzoni più oscure. Qui Luque  scava nel passato l’incontro con una ragazza: l’impossibilità frustrata di ricordare e trasmettere i pensieri passati emerge attraverso il verso ripetuto “no tienes ni idea del viento que soplaba”.

Con “Diario De Pitagoras”, brano di grande fascino, la chitarra volutamente un po’ approssimativa e impressionistica, la fisarmonica a dare un sapore gitano, e soprattutto il canto assorto, creano un’ atmosfera tesa che si scioglie nel ritornello, lieve e cantato con un’aria stranamente divertita.

Se“Ouija”, sostenuta da una musicalità più estroversa, sposta la narrazione verso l’ambito scolastico, comunque deformato e interiorizzato a tinte surreali, il successivo “Quiromatico” è il brano più rappresentativo di questa fase della carriera chinarriana.

Aperta dalla chitarra secca e tesa, la voce calda e suggestiva di Antonio Luque ci porta in un territorio incerto, spettrale come i cori femminili che ripetono il titolo, in una sublime inquietudine che coccola in maniera morbosa anzichè metterci a disagio, e che non tarderà nello sviluppo del brano a diventare vero e proprio mantra.

Passata la sorprendente “Carretera Y Manta”, che colpisce per acidità musicale e cinismo (perché questi strani personaggi ci ridono nelle orecchie?) il disco trova un altro punto focale in “El Libro Gordo de Peut-être” e da questo “grande libro del può essere” salta fuori letteralmente di tutto: professori ubriachi che giocano a tombola, uccelli che si moltiplicano, in un susseguirsi di guizzi colorati che riassumono i contenuti dell’album, seppur in una musicalità più distesa e floreale.

In sostanza un album difficilissimo da tratteggiare ed inquadrare, magnetico ma ostico ai primi ascolti, indie pop nella comunicativa ma spesso di una raffinatezza impalpabile, oscuro nel suo continuo ed enigmatico perdersi in battaglie di parole, leggeri richiami flamenchi, nella sua oniricità polverosa.

Un minimo di conoscenza delle lingua spagnola vi aprirà un mondo di significati cangianti, nuotate a dorso nel subconscio, nostalgia straziante e illuminazioni improvvise, alla ricerca di un senso sottile e forse inesistente, che sfugge come una farfalla fuori dal  vostro retino, a volte più in alto, a volte più in basso, ma sempre inafferrabile. 

Elenco tracce e video

01   A la luz de dos velas (03:15)

02   Tu casa o la mía (04:32)

03   Miramos en la caja (03:49)

04   Estrenos T.V. (02:34)

05   Diario de Pitágoras (03:49)

06   Ouija (04:08)

07   Quiromántico (04:08)

08   Chauferette (04:31)

09   Carretera y manta (03:19)

10   El libro gordo de peut-être (05:09)

11   El tío de la cabra (03:44)

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