Nessuno legge i titoli di coda. Troppi e troppo veloci. Una cascata di nomi, interpreti, competenze che vengono giù nella più totale indifferenza. Sonnecchiante, mentre m'infilo il pigiama, colla bocca di menta e fluoro, mi scortano a letto. Talvolta mi sorprendono già tramortito sul divano, in quel sonno che non sazia.

Domani c'è scuola.

La Liguria ok. Per i moti carbonari e la geometria è meglio se mi eclisso dietro Rodolfo, magari non mi notano. Ma a domani si pensa domani, le palpebre mi chiudono l'orizzonte e questo motivetto mi mette tranquillità.

Poco più di dieci anni, nella morsa dell'acne che mi rovinerà tutte le foto. È prematuro che apprezzi certe cose, che strizzi compiaciuto l'occhio ad un abbozzo di jazz, ma mi è dannatamente chiaro che quei quaranta secondi sono eletti a pieno titolo a tormentarmi di nostalgia il futuro.

Dietro lo scat si nasconde un piccolo grande uomo che io non conosco ancora e carpito nella coscienza da un incoercibile dormiveglia, plano sui terrazzi bagnati dalla pioggia di febbraio, oltre il crepuscolo, quando le cucine a sera si accendono di calda luce e si libera il tavolo da penne e quaderni per coltelli e forchette. Rumori di stoviglie, odore di cottura, la TV accesa sulla prima serata. Un paio d'ali di pellicola mi conducono verso un radioso orizzonte in questo giorno così mesto.

Avvolte nella nebbia di domani uno sciame di automobili incolonnate alla Esso. Passi svelti e cerate madide lungo i marciapiedi, facendo slalom tra pozzanghere verso la propria meta, quella di oggi, la stessa di ieri, scorrono veloci come titoli di coda.

"Dovrebbero abolire il lunedì" penso ritornando alla realtà, quella che mi conduce fiaccamente dal divano al letto. Mi farò portavoce, organizzerò una petizione. Propositi da marinaio, domani me ne sarò dimenticato, come sempre.

E poi, in fondo, il lunedì non è così male.

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