Eccitante. Questo il termine giusto da affibiare ai protagonisti, alle storie, alla musica e alle spinte culturali che hanno animato la stagione della Bossa Nova. Non esiste appellativo migliore che cerchi, almeno, di rendere una certa idea delle notti carioca passate al Tudo Azul, al Farolito, al Michel, al Mocambo, cioè alcuni dei Night della Rio degli anni '50 e nei quali vi si esibivano due giovani amici che rispondevano al nome di Tom Jobim e Newton Mendonça; quando la scena era dominata dai vari Dick Farney - il "Frank Sinatra brasiliano" - e di Bossa Nova ancora non si parlava. Eccitante è comprendere la morbosa gelosia artistica che un certo De Moraes aveva nei confronti dello stesso Jobim, e che si placava solo in presenza di Mendonça. Eccitante è comprendere come in pieno boom bossanovistico, altre splendide pagine siano state scritte sempre nelle notti carioca ma in un appartamento di Parque Guinle, di propietà di questo ricorrente De Moraes, ove un chitarrista dal nome Baden Powell, assieme al padrone di casa, faceva l'alba a scrivere canzoni e ad ubricarsi. Very Special Guest, in vesti di tracannatore, un ex Presidente qualunque: Juscelino Kubitschek. Eccitante comprendere come "Chega de Saudate", scritta sempre dal duo De Moraes & Jobim e portata al successo da un certo João Gilberto, assime alla messa in scena di un'opera tetrale dal nome "Orfeu da Conceição", sempre da parte De Moraes, coadiuvato sempre da Jobim e da un certo Luiz Bonfà e che avrebbe portato poi ad un film e ad una colonna sonora come "Orfeu Negro", avrebbe rappresentato la pietra fondante su cui si sarebbe basata la Bossa Nova. Che questo De Moraes sia la guida spirituale ed intellettuale di tutto il discorso? Uhm...

Dopo tutto questo ce la cantiamo e ce la suoniamo noi do Brazil, arriveranno gli americani a mettere le mani sul fantastico vento caldo in arrivo dal Brasile. Così nasce la stagione definibile come la "Americans Vocalists and Musicians meets Bossa Nova"; la quale, in nome del fascinoso ed irresistibile Esotismo, mieterà vittime eccellenti dello star system musicale statunitense. Saranno due i filoni principali e paralleli: quello vocale, con Frank Sinatra ed Ella Fitzgerald dominatori indiscussi della scena - chissà perchè c'è di mezzo Jobim? Uhm... -, e quello strumentale, dominato in primis sicuramente Stan Getz. Ovviamente il Getz della Bossa della primissima ora, e che in seguito darà vita alle collaborazioni con la splendida Astrud Gilberto, moglie di João ma in quel periodo già "ex". Getz è stato sicuramente il jazzista americano maggiormente propenso ed entusiasta nel prendere il treno di questa nuova ondata, in cui appunto salivano un po' tutti e non sempre con risultati brillanti. Chi saliva puramente convinto dalle propie convinzioni "sperimentali e musicali", chi nel tentativo di battere il ferro finchè era caldo e remunerito, chi spinto dai produttori discografici - e sicuramente molto del merito, in tal senso, credo vada attribuito a Creed Taylor, nome forte della Verve e vero burattinaio del discorso americano-brasiliano -, chi per chissà quale altro motivo.  Tornando alla lista delle vittime, si poteva trovare anche il nome di un vecchio leone come Coleman Hawkins, con tanto di approssimativo, mestierante e discutibile "Desafinado Coleman Hawkins - Plays Bossa Nova & Jazz Samba". C'era, con risultati brillanti, anche uno charmeoso come Paul Desdmond, il quale ha condiviso un percorso stilistico e musicale molto simile con Getz. Ecco, se Desdmond pretendeva che il suono del suo Contralto dovesse somigliare al sapore di un Martini, allora quello del Tenore di Getz doveva necessariamente avvicinarsi al gusto di un Capirinha. Stan Getz, un cocktail oltre che un musicista: protagonista e punto di riferimento di varie stagione del Jazz americano, con sangue dell'est europa nelle vene, divenuto padrone e divulgatore indiscusso di un certo linguaggio brasiliano; ora anche veicolo commerciale ed economico non indifferente. Ingredienti semplici, musicali e non, di portata storica in ambito musicale e di costume direi anche. Forse non la stagione del "vero" Getz, americano swingato di razza e della prima ora, ma molto probabilmente la più rappresentativa e forse anche la più sentita dallo stesso Getz.

Cosa ci sia dietro la storia di "Jazz Samba", con Charlie Byrd - della partita in qualità di socio chitarristico suadente di Getz - di ritorno dal Brasile con queste novità, si sa ormai tutto; con annessi accavallamenti di storie e leggende. Il disco pesca dal cilindro bossanovistico alcune delle canzoni simbolo del movimento stesso, come "Desafinado" e "Samba de Uma Nota Sò", ovviamente due dei manifesti della premiata ditta Jobim & Mendonça. Il punto emotivamente più alto arriva sicuramente con una calda, struggente e malinconica "Samba Triste" di Baden Powell scritta in coppia con Billy Blanco, in cui Getz regala spettacolo in termini di sofferenza, intensità e malinconia; il tutto sottollineato dal fascino dei fraseggi di Byrd. Anche Byrd regala delle perle nate dalla sua penna, come la estroversa, gioconda e coinvolgente "Samba Dees Days", ove il suono estivo, fragrante e secco  di Getz, regala suggestioni - personali di chi scrive - come una spiga di grano strofinata sulla guancia. I viaggi attraverso i brani portano ad altre perle di altri compositori brasiliani e che hanno fatto la storia della musica brasiliana. Come la ironica "O Pato" ad esempio, vecchio pezzo scritto dalla coppia  - anche nella vita - Jaime Silva e Neuza Teixeira e messa, alla fine degli anni '40, nel repertorio dei Garotos da Lua. Pezzo che diventerà in seguito anche un pallino di João. Ecco il primo passo del Getz brasiliano, e che porterà ad altri passaggi fondamentali nel corso della primaparte degli anni '60: dalle splendide collaborazioni con il signor Gilberto, culminate poi nel famoso concerto della Carnagie Hall di New York; anche se João non rimase mai convinto tanto del Getz brasileiro (!), fino al capitolo successivo di "Jazz Samba", ovvero lo splendido "Jazz Samba Encore!" con Bonfà e Jobim. Da citare, come vezzo personale, "Stan Getz with Guest Artis Laurindo Almeida", album molto bello con Laurindo Almeida, in cui c'è una versione di "Menina Moca" che ogni volta è pelle d'oca. Ma è il solito "altro discorso"...

La stagione della Bossa Nova ha rappresentato per molti jazzisti una fugace notte d'amore con una splendida sconosciuta, dalla quale non si sapeva bene cosa pretendere e cosa cogliere da quei momenti. Invece Stan resterà consapevolmente fulminato e sul serio sulla "via latina" (Ehy Chick!), e continuerà, a corrente alternata, a perseguirne suoni, essenze e colori, fino alla fine dei suoi giorni.

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