"Star One" altro non è che uno dei tanti progetti del grande Arjen Lucassen, in cui l'olandese ha optato verso la sperimentazione di elementi più dark e heavy, nonoché di tematiche d'impronta sci-fi, già a partire dal disco precedente, "Space Metal".
Com'è facile dedurre dal titolo, la musica del disco espone il risentimento di Arjen verso l'attuale stato della società in cui viviamo, che si manifesta notevolmente nella vena ribelle, per così dire, che percorre i testi. Ciò che traspare da essi sono sono le ingiurie arrecate del tempo, accompagnate dal breakdown ecologico da cui è affetta madre natura e tutte quelle velleità che codurranno inevitalmente il genere umano verso il declino (ok, fare le corna va bene!).
In tema musicale invece sembra proprio che l'intenzione basilare fosse quella di mantenere un sound spiccatamente heavy per l'intera durata del disco. In questo riguardo spicca senz'altro l'ottima prestazione di Ed Warby (Ayreon, Hail of Bullets, Gorefest) in quanto a precisione e padronanza per quanto concerne le percussioni, seguito a ruota dal veramente ottimo tastierista Joost “Lul” van den Broek (Ayreon, ex-After Forever), oltre al fatto che ogni track risulta brillantemente mixata con organi Hammond e tutti quegli effetti presenti già nel disco precedente che sono valsi al progetto l'appellativo di "Space Metal", come udito delle parole dello stesso creatore. Mentre si noterà come Luccassen abbia preferito non fare vasto sfoggio delle proprie abilità di chitarrista, limitandosi all'esecuzione di riff d'accompagnamento, almeno per quanto concerne il primo disco; dimostrando così di sapersi anche fare da parte (probabilmente non soffre delle stesse manie di protagonismo del pur bravo Tobias Sammet).
Per quanto concerne l'aspetto vocale Lucassen ha chiamato a sé Floor Jansen (ex-After Forever, Revamp) per le tonalità più alte; Damien Wilson (Threshold) per le frazioni in clean voice; Russell Allen (Symphony X) per la potenza distruttiva, e Dan Swäno (Edge of Sanity, Bloodbath) per il growl profondo e lugubre. Nel pezzo "Closer To The Stars" spunta invece Tony Martin, che avrebbe però certamente meritato maggiore visibilità considerando la sua fama, oltre al fatto che mi sarebbe piaciuto molto ascoltarlo duettare con Allen. La sua prestazione oltretutto è veramente da pelle d'oca.
"Cassandra Complex" resta uno dei pochi brani che esula dagli schemi arcigni perpetrati dal disco per quanto concerne l'andatura bombastica, presentando una melodia più vivace, tendente all'AOR, rimanendo tuttavia ancorata a riff roboranti; sebbene dei cambi di tempo per dare spazio a frazioni meno violente siano comunque ricorrenti in entrambi i dischi in buona tradizione prog. Proprio nel secondo cd si noterà invece come divengano i riffs a tenere banco, senza però stravolgere l'andamento sentito finora.
In conclusione il disco è da consigliarsi vivamente a tutti coloro i quali abbiano anche minima dimestichezza con la discografia di Lucassen, ma anche per coloro che avendo viaggiato sulle note dei Transatlantic vogliano adesso avventurarsi in quest'adossea nello spazio, e non voglio neanche tralasciare una nota di merito nei confronti dell'artwork del booklet, che tra scenari post-apocallittici e corvi appollaiati ad una trave che spunta nel bel mezzo dell'oceano altro non fa che trasfiguarare il concept in modo perfetto. Verrà un giorno in cui dalle mani di Arjen Lucassen verrà fuori un album mediocre... ma oggi non è quel giorno.
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