"On Fairy-Stories"

Atene era in fermento. Un senso di crescente eccitazione serpeggiava per le vie delle città, all'avvicinarsi delle celebrazioni per lo sposalizio del duca Theseus con la regina delle amazzoni Hippolyta. Persino un gruppo di modesti artigiani, capitanati dal carpentiere Peter Quince, si stava sforzando di allestire degnamente uno spettacolo teatrale da proporre di fronte alla nobiltà, nell'atteso giorno delle nozze, nonostante le qualità interpretative dell'esuberante tessitore Nick Bottom e dei suoi maldestri compagni non fossero propriamente delle più sopraffine.

In questo quadro di felici aspettative e febbrili preparazioni, si struggeva tuttavia il cuore della giovane Hermia, la quale, promessa dal padre all'indesiderato Demetrius, si vide costretta a pianificare una fuga attraverso i boschi per evitare tale opprimente imposizione, rivelando soltanto all'amica Helena l'illecito proposito di lasciare la capitale in compagnia del suo vero amore Lysander. Il destino volle però che il luogo designato come punto d'incontro dai due innamorati, occultato dall'impenetrabile verdeggiare degli alberi, fosse campo di battaglia per i capricci del re degli elfi Oberon, il quale, offeso con la compagna Titania per non avergli ceduto un fanciullo del suo seguito da usare come paggio, decise di vendicarsi sguinzagliando lo scatenato Puck, che, oltre ad occuparsi della regina delle fate, prese di mira, più o meno accidentalmente, la coppia di amanti in fuga da Atene, la combriccola di lavoratori, riunitasi nelle vicinanze per provare le battute della loro imminente rappresentazione, ed il furente Demetrius, a caccia della sua promessa sposa, dopo essere stato messo al corrente della situazione da Helena; quest'ultima perdutamente, quanto infruttuosamente, innamorata di lui.

Nel cuore di questo inestricabile putiferio shakespeariano, si avventura, nel 1997, il lato poetico e classicheggiante della sfaccettata personalità di Steve Hackett, il quale, equipaggiato di chitarra classica ed accompagnato dalla Royal Philarmonic Orchestra, si dirige a passo sicuro verso lo sfarzoso palazzo di Theseus con tutta l'intenzione di officiare l'incipiente cerimonia a suon di accordi, noncurante del salto temporale di ben quattrocento anni circa che divide l'incisione del disco dall'originaria stesura dell'immortale commedia alla quale s'ispira.

"A Midsummer Night's Dream" è una creatura dall'identità ibrida ed inusuale poiché, pur avvalendosi di una vastissima gamma di strumenti, riserva gran parte delle soluzioni melodiche alla sola chitarra, collocandosi perciò in un territorio neutro, confinante da un lato con la coppia puramente acustica "Bay of Kings" (1983) / "Momentum" (1988) e dall'altro con il recente "Metamorpheus" (2005), in cui l'orchestra, trovandosi particolarmente in luce, contribuisce a generare un impasto sonoro maggiormente omogeneo. Questa considerazione non deve comunque trarre in inganno, in quanto la preminente indipendenza dello strumento a corde, in questo caso, si traduce in composizioni dal gusto pastorale ed intimistico, che ben si coniugano con i contenuti favolistici dell'opera in oggetto.

Prendono così vita scenografie surreali ma dettagliatissime dirette dalla chitarra, la quale, alla stregua di un menestrello girovago, visita prima i fasti di corte ("The Palace of Theseus"), rimanendo estasiata di fronte al tripudio d'archi ritraente gli struggenti ed incompresi sentimenti di Hermia ("A Form in Wax"), e poi, mormorando tra sé come per rassicurarsi, si addentra in magici e misteriosi territori ("Within This Wood"), riecheggianti dei racconti e delle suggestive memorie di esseri imperscrutabili ("By Paved Fountain", "Set Your Heart at Rest"), contraddistinti da una vivace quanto pregevole aura regale ("Oberon") e da un fascino sconfinato ("Titania"), dipinto con tale perizia ed intensità dalla riaffiorata orchestra, da apparire quasi tangibile ("In the Beached Margent of the Sea", "Between the Cold Moon & the Earth").

L'ingresso del pestifero giullare del re degli elfi, abbigliato di sgargianti indumenti barocchi ("Puck", personaggio da circa vent'anni reincarnatosi nell'oscuro universo miuriano), concentra l'attenzione di Steve sulle filastrocche, atte a cullare i dolci sonni di Titania, intonate dalle sue servizievoli fate, alle quali il chitarrista dedica i ricordi di un allucinato mondo parallelo ("Peaseblossom, Cobweb, Moth & Mustarseed" presenta, ad 1:26, un accenno dei primi secondi di "The Colony of Slippermen" del '74), mentre il fratello John, apparso come per un arcano incantesimo, presta il suo flauto all'impulsività dei sentimenti giovanili ("Lysander & Demetrius"), a volte crudelmente dolorosi nella loro cocente ed indomabile passione ("Helena").

Con il ritorno in scena del duca e delle sue profonde meditazioni, affidate all'oboe e agli archi ("The Lunatic, the Lover & the Poet", "Starlight"), si aprono i festeggiamenti per il tanto atteso matrimonio che, in un trionfo di fiati esaltati dall'organo di Roger King ("Celebration"), cala il sipario su una curiosa ed onirica vicenda, malinconicamente omaggiata dall'orchestra ("Mountains Tourned into Clouds") e dai placidi arpeggi di quella chitarra ("All Is Mended") così dedita, fino all'ultimo istante, nel provare a renderci il più possibile partecipi di ogni deliziosa sfumatura di un incantevole ed irripetibile sogno... Un sogno di una notte di mezza estate.

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