Ebbene si, un grande artista, forse il più grande chitarrista progressive, si deve seppur a malincuore beccare un misero due stelle e anche una classificazione non proprio tra le "elette", in quanto ritengo questo disco un semplice pop seppur di classe, ma sempre un pop.... ahimè. Il rammarico è enorme poichè chi sta facendo questo po' po' di recensione è davvero un fan sfegatato di Steve e della sua opera coi Genesis, ma soprattutto di quella solista. Va da sè che non si può forse pretendere sempre il massimo della creatività da chiunque, e quindi seppur amareggiato all'epoca del primo ascolto di questo disco e ormai inascoltato da diverso tempo dal sottoscritto, vado comunque a recensire dato che la vita è fatta di cose belle e di cose meno belle (mi si perdonerà l'accostamento di un disco con la vita, ma spero che l'ironia della cosa sia colta da tutti).
Ebbene, Steve Hackett nel 1980 aveva pubblicato "Defector", disco che chiudeva un periodo in senso artistico e non solo, ed era reduce dalle fatiche di un tour mondiale che evidentemente lo aveva sfibrato non poco se è vero come è vero, che visse per diversi mesi in Brasile gongolandosi al sole delle spiagge del paese Sudamericano insieme alla compagna (la Pittrice Kim Poor, esponente del diafanismo e allieva del grande Salvador Dalì, e autrice di quasi tutte le copertine dei dischi del chitarrsta-www.kimpoor.com-).
Chissà, forse le atmosfere calde e rilassate del Brasile, forse la mancanza di un suo gruppo che dopo il tour mondiale di cui sopra si sciolse... fatto sta che cio' che uscì dal cilindro di Hackett per questo disco, fu un insieme di canzoni piacevoli ma in alcuni casi anche banaline, ma niente di più di tutto questo. L'album fu eseguito solo da Steve che si esibisce anche alla drum machine e dal fido Nick Magnus alle tastiere e da qualche intervento flautistico di John Hackett. Il brano di apertura è "Hope I don't Wake", che inizia con un coro a cappella (i tre), e che prosegue poi su una linea melodica abbastanza semplice e con una base ritmica ancora più semplice al punto che anche il sottoscritto provandoci per due o tre ore riuscirebbe a suonarla tale e quale. L'unica cosa forse degna di nota in questo pezzo è la riproduzione alle tastiere del basso, davvero pregevole.
"Picture Postcard", è un ricordo evidentemente personale dell'artista riferito alle vacanze appena trascorse e che sembrano avergli imbolsito non poco la creatività (Steve, Steve, che mi combini?). Seppur gli accordi sono diversi dal brano di apertura, la struttura rimane pressappoco uguale e il finale col sax un po' da colonna sonora di film hard non migliora certo la situazione. "Can't Let Go", ha un inizio che promette bene, con drum machine e tastiere in crescendo che fanno presagire a un'impennata del tono e che invece subito sfocia in un riff abbastanza banale di chitarra e l'ennesima canzoncina semplice semplice che scorre via come un alito di vento. Da segnalare solo un intermezzo di chitarra abbastanza Hackettiano, e niente altro. Finalmente si arriva al brano che risolleva un po' le sorti dell'intero lavoro, "Nightmare-The Air Conditioned". Qui siamo davanti a qualcosa di ragguardevole, con inizio di chitarra distorta e con l'effetto "lontananza" che sembra produrre un lungo lamento. L'ingresso delle tastiere di Magnus è decisamente "sinfonico" e da quel momento si va avanti in maniera decisamente gradevole con un bel giro di basso (pardon, tastiere che lo simulano) che prosegue per l'intera durata del pezzo. Qui dopo le prime due strofe, Steve intermezza il tutto con assoli davvero grandi per poi riprendere il tema fino alla fine. Con "Nightmare", Hackett apriva i suoi concerti nel periodo 1981-1982.
Il successivo "Funny Feeling" ci fa di nuovo sprofondare nella depressione vista la sua pochezza musicale, canzoncina in simil-funky davvero stucchevole e romantica nel senso più deteriore del termine. Tutti in piedi invece per la successiva "A Cradle of Swans". Decisamente un bellissimo pezzo di chitarra classica suonata sui livelli massimi di cui Hackett è capace, quindi meravigliosamente bene. Arpeggio lento iniziale e motivo che in un crescendo arriva al finale suonato velocemente. Quasi attaccato a questo pezzo, inizia con un arpeggio velocissimo sempre di chitarra classica il successivo "Overnight Sleeper". Effetto orchestrale alle tastiere di Nick Magnus e ritmo veloce che fa pensare a un treno nella notte con l'elettrica a svisare con note lunghe quasi da violino e dopo questo inizio decisamente affascinante si ritorna in piena atmosfera easy-listening, quella cioè che ha permeato quasi totalmente "Cured".
La chiusura del disco è affidata ad un'altra canzoncina che decisamente non si rende indimenticabile e che si intitola "Turn Back Time", con finale da night club ovattato, quasi come se Hackett volesse ricordare origini da piano bar che non ha.....
Decisamente l'artista Londinese ha creato ben altre cose nella sua fulgida carriera e purtroppo la scarsa vena continuerà anche col seguente "Highly Strung", anche se in modo decisamente minore, ma questa è un'altra storia che se avrete la compiacenza di leggere, vi scriverò in seguito.
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