La traduzione di Defector è: fuggiasco, colui che abbandona. E nel titolo di questo album del 1980 c'è probabilmente il distacco più emotivo e vero da ciò che aveva segnato fino a poco tempo prima la carriera di Steve hackett, cioè l'appartenenza a un gruppo storico del prog Inglese, i Genesis. La scelta di Hackett di abbandonare la formazione che fu già di Gabriel, non fu sofferta. Egli infatti era entrato in rotta di collisione con l'indirizzo che volevano dare gli altri tre membri alla musica del gruppo dopo "Wind and Wuthering". Si potrebbe dire anzi, che il chitarrista Londinese era ormai soffocato dal gruppo, voleva continuare un discorso di qualità basato sulla sperimentazione e la coerenza più di onestà intellettuale che di linea musicale. Dopo il primo disco in cui era ancora all'interno dei Genesis, e dopo i successivi due che furono anche grandi successi commerciali ("Spectral Mornings" e "Please, Don't Touch") qui l'artista sembra avviato alla carriera "solo" ormai definitivamente e credo che abbia scelto non a caso questo titolo. "Defector", quindi... fuggitivo da schemi commerciali nei quali si sarebbe sentito imprigionato per sempre se avesse scelto la via del facile guadagno come Collins, Rutherford e Banks. A mio parere fu la sua uscita dai Genesis a determinarne la caduta di gusto e di qualità più di quanto non lo fosse stata la "defezione" del grande Peter Gabriel.
Questo è un album che è marcatamente prog nel senso più classico del termine, dove a momenti di tensione emotiva elevatissima, si alternano altri dall'ampio respiro attingendo a piene mani dal rock e dalla classica. Non a caso poi con il passare del tempo la carriera di Hackett si tramuterà in una specie di sdoppiamento con albums classicheggianti e acustici e con altri elettrici dove la sperimentazione e la contaminazione musicale la faranno da padroni.
Il brano di apertura di Defector è "The Steppes", dall'intro di flauto eseguito dal fido fratello John (apprezzatissimo artista nell'ambito della musica classica) e dall'incedere improvviso di batteria molto marcata e taurus moog a tutto spiano. L'ingresso di Steve con la sua LesPaul è da brivido, con uno dei timbri più classicamente Hackettiani. Pezzo abbastanza lungo che ricostruisce alla perfezione a livello sonoro ciò che potremmo immaginare chiudendo gli occhi e pensando alle steppe appunto. Eccelso, stupendo nella sua freddezza solo apparente.
Il finale di "The Steppes" è sfumato nel mixage del pezzo seguente, la veloce e "virtuosistica" "Time to get Out". Ritmo decisamente veloce, sottofondo di tastiere a creare un "pavimento" sonoro al cantato in coro. Intermezzi di puro virtuosismo chitarristico che spezzano il ritornello, caratterizzano il brano. Effetto quasi orchestrale con un finale in cui i riffs di Steve sono giocati col finger tapping, metodo da lui stesso inventato e riproposto oggi mille e mille volte da fumosi e inutili chitarristi metal.
Il pezzo successivo si intitola "Slogans" ed è un vero patchwork sonoro in cui si inizia con un vocoder che distorce la voce e precede l'entrata di tutto il gruppo che su un ritmo velocissimo si sbizzarrisce in ricami sonori molto avveneristici. Anche qui, finger tapping in bella evidenza e bella prova di compattezza della band che accompagna Steve Hackett.
La seguente "Leaving" è un delicatissimo brano acustico dalle atmosfere sognanti con coro e arrangiamento quasi "orchestrale" che in alcuni momenti fa pensare a una grande musica da film un po' alla Morricone (artista amato da Hackett, al punto che in un suo "live" c'è anche la colonna sonora di Nuovo Cinema Paradiso).
"Two Vamps as Guests", è un breve pezzo strumentale eseguito alla chitarra classica con la solita classe. In pezzi come questo sembra che Hackett sia un chitarrista dall'estrazione classica e pensare invece che è un perfetto autodidatta!
A dimostrazione ulteriore di quanto la facile creazione di pezzi orecchiabili e insulsi sia qualcosa a cui Hackett è avulso e in seguito alla quale mai avrebbe accettato di continuare sulla strada che i Genesis volevano percorrere, arriva uno strumentale da perderci la testa, ricco di stacchi e pieno di contaminazioni classico-jazz. Il titolo del pezzo è "Jacuzzi", e sembra quasi essere un vero e proprio "arcimboldo" musicale, dove la linea armonica non è mai piana, ma frastagliata con un flauto in forte evidenza in "vibrato" e riffs alla chitarra davvero incredibili. La stesura di Jacuzzi deve essere stata addirittura più complicata della sua esecuzione, ma attenzione, non siamo di fronte a un pezzo in cui si rimane impressionati solo dallo straordinario virtuosismo strumentale, uno di quei brani alla "sentite come siamo bravi", no, niente di tutto questo. E' comunque il grande calore a farla da padrone. Meraviglioso il finale in cui si espone molto anche la tastiera con la timbrica clavicembalo. Assolutamente straordinario.
Un elegante assolo di pianoforte ci introduce ad un'altra gemma: "Hammer in the Sand". Questo pezzo è eseguito solo da Hackett che crea un effetto "Chitarra Piangente" e da Nick Magnus alle tastiere. Brano evocativo, accattivante, intriso di drammaticità, ma che non dà il senso della tragedia, anzi, è quasi solare.
Altro brano acustico è il successivo "The Toast", che precede la forse poco significativa "The Show", giocata su ritmi funkeggianti, ma decisamente commerciale, infatti se ne fece un 45 giri. Sicuramente non il momento di massimo fulgore dell'album, ma credo che infondo quando si parla di grandi artisti, si possa anche perdonare qualce piccola malefatta.
A chiudere Defector, ci pensa un pezzo che sorprende; si tratta infatti di "Sentimental Institution", canzone cantata da Steve con la voce manipolata in modo da associarsi perfettamente con la base musicale in stile anni '30, Breve chiusura di un disco superlativo.
A conclusione di questa recensione, secondo chi scrive va sottolineato un aspetto. All'epoca dell'uscita di Defector, Hackett era in piena crisi di rigetto nei confronti dei Genesis, e forse ne aveva tutte le ragioni sia per i motivi che ho spiegato all'inizio e sia perchè all'interno della band veniva negli ultimi tempi, emarginato per quanto riguardava il suo contributo compositivo. Era addirittura indifferente al fatto che comunque i Genesis gli avevano permesso di rendersi celebre. Bene, col passare del tempo ha riveduto molto questa sua posizione e oggi ha raggiunto a riguardo un maggiore equilibrio, nel senso che non rinnega affatto la sua scelta di abbandonare il gruppo, ma vede con maggiore buona disposizione a quanto di buono fece insieme a loro, al punto che oggigiorno nei suoi concerti, la parte di brani dei Genesis è piuttosto corposa, sempre almeno 4/5 canzoni. Io ritengo che questa sia la posizione giusta, ma nel contempo benedico il giorno in cui Steve prese la decisione di diventare un DEFECTOR.
DEFECTOR, 1980
Steve Hackett: Chitarra elettrica, chitarra classica, armonica a bocca, voce
Nick Magnus: Tastiere
John Shearer: Batteria
Dick Cadbury: Basso, pedali
John Hackett: Flauto, chitarra elettrica
Carico i commenti... con calma