La prima volta l'ho visto in un future a Trento, la mia città. Primi mesi del 2019 e quel ragazzino timido pelle e ossa manco maggiorenne non lo conosceva nessuno: era il 550 al mondo. Una macchina che prima tira su l'asfalto, lo mastica e poi lo sputa fumante sul manto stradale per poi piallarlo: 62 62 in neanche un'ora lasciandomi di sale per la velocità dei piedi, la potenza dei colpi, la facilità di esecuzione. Sembrava di vedere un abete che affronta una valanga. Dopo due anni di clausura avevo voglia di rivedere Jannik e così prendo la macchina direzione Pala Alpitur, coppa Davis, e mi godo una prestazione mostruosa che umilia il povero Isner: esco con la convinzione che è un campione che mi potrò godere dal vivo per un decennio abbondante. Il giorno seguente sono sulla via del rientro rilassato mentre ascolto His California Album a tutto volume; ripenso alla partita e proprio quando sono ad una manciata di chilometri dall'imbocco dell'autostrada intravedo un cartellone con la pubblicità di una mostra fotografica. Ci vado.

Le cose più belle sono quelle non preventivate. Incredibilmente mi ero perso la mostra a Trento di McCurry intitolata Terre Alte; sapete com'è... E' li sotto casa, a portata di mano, e così dici: vado domani. Domani, dopodomani, la settimana prossima, le settimane diventano mesi, l'estate finisce e l'ultimo weekend hai un vero imprevisto. Un piccolo tenente Drogo de Il deserto dei Tartari. Ben mi sta, coglione! Arrivo alla splendida Palazzina di Caccia di Stupinigi e entro nelle antiche cucine per godermi Animals.

Il titolo è fuorviante nel senso che è centrale in quasi tutti gli scatti il rapporto tra esseri umani e animali. Forse Animals è un modo per ricordarci che anche noi, seppur sì tecnologici, siamo degli animali. Più evoluti, ma sempre animali. Spesso dimentichiamo il fatto che dovremmo avere la responsabilità di salvaguardare il nostro pianeta specie in questo momento storico in cui l'emergenza climatica, lo sfruttamento idrico, del suolo e delle risorse in genere rende gli equilibri tra abitanti del pianeta sempre più delicati. Questi scatti bruciano, ti catturano per la loro indiscutibile bellezza con una carica cromatica abbagliante e sguardi dei protagonistici così carichi di sentimenti. Divento un pezzo di ferro; il quadro una calamita, e mi avvicino: capita dieci, venti, forse trenta volte. No, non può essere un caso e no, non è solo l'oggettiva atroce bellezza di quello che sto vedendo. Quasi vorrei entrarci per sentire gli odori. La mia compagna in più fragenti mi tira la mainca mentre io me ne sto lì, mezzo imbambolato. Se chiudo gli occhi sono davanti a me i pannelli appesi che immortalano varie sfacettature della nostra coabitazione con gli animali. Ci sono fotografie commoventi che esprimono il legame di profondo e sincero affetto ma mentirei se vi dicessi che siano la maggioranza. I più sono scatti di sfruttamento totale; in certi casi per mero lucro, noia, semplice ostentazione. In altri come strenua forma di lotta per sopravvivenza. Un rapporto sempre e comunque impari, anche in maniera indiretta come testimoniano le foto incatramate della guerra in Kuwait.

Sessanta scatti che, se non siete completamente morti, vi faranno quantomeno pensare. Ve la consiglio.

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