"Immagino il paradiso come un luogo dove la musica folk incotra la musica blues" diceva Mark Knopfler.
Se invece il paradiso fosse un luogo dove si incontrano blues, swing, soul, jazz e r&b, questo luogo probabilmente si avvicinerebbe molto ad essere la Carnegie Hall il giorno 4 ottobre 1984, giorno del trentesimo compleanno di Stevie Ray Vaughan, dove si celebrò uno dei concerti più importanti della sua carriera. Un sogno che si avverava per il giovane chitarrista quello di suonare nel tempio dei grandi della musica classica, per quella serata, tra l'altro benefica, voleva qualcosa di speciale, così per la prima volta volle a tutti i costi ampliare i suoi classici Double Trouble con l'aggiunta di una vera e propria band aggiuntiva: niente meno che 5 componenti della storica sezione fiati dei Roomful Of Blues; oltre che a un secondo batterista, il mitico Dr John alle testiere, la grande Angela Strehli e il fratellone Jimmie.
Ma prima di tutto questo c'è spazio per la versione classica della band: dopo l'introduzione a 2 tra Ken Dashow e John Hammond, arriva annunciato da quest'ultimo, il suo grande mentore, come "One of the great guitar players of all time" il nostro Stevie Ray si scalda con 2 strumentali: "Scuttle Buttin" dall'ultimo sfavillante album "Couldn't Stand The Weather" e "Testifyin'" dal precedente "Texas Flood". Segue al terzo posto la sempre efficacissima "Love Struck Baby"; "Honey Bee" è uno stupendo blues/rock n' roll anch'esso dal secondo album prima citato come la storica cover di "Cold Shot", firmata in origine Mike Kindred e Wesley C. Clark; uno dei pezzi più famosi di Stevie Ray, resa famosa dall'esilarante autoironico videoclip.
Ora si comincia a perdere i sensi: con la successiva "Letter To My Girlfriend" (uno dei 3 pezzi del texano presenti unicamente su questo cd) di Eddie "Guitar Slim" Jones, in cui si fanno avanti i rinforzi, si inizia a vedere spiragli di luce; ma è con "Dirty Pool" che le porte del paradiso di cui si parlava all'inizio si schiudono definitivamente, la sezione fiati e i 3 virtuosi del blues elettrico si fondono alla perfezione e i sensi si perdono (apparentemente) per sempre. Con l'immancabile classicone "Pride And Joy" il viaggio di esplorazione dell'aldilà prosegue e con le successive "The Things (That) I Used To Do", ancora di Eddie Jones, e C.O.D. si toccano gli apici definitivi con l'incontro del Grande Capo: la prima vede l'arrivo del fratellone maggiore/idolo di Stevie Jimmie "Bad Boy" Vaughan; la seconda, di cui la paternità originale è incerta tra L. Gooden e il maestro Albert King, è un classico di Angela Strehli, che canta in prima persona il pezzo come guest.
Dopo l'ultima delle 3 rarità, la strumentale "Collin's Shuffle", o "Iced Over" a seconda delle fonti, cover di Albert Collins, però ci si comincia a svegliare; le ultime 2, entrambe strumentali a completare il trittico finale, ci portano gradualmente alla ripresa dei sensi, gli ospiti della sezione fiati ci lasciano e tocca ai fidi 3 non farci patire il risveglio, ma con "Lenny" e "Rude Mood" il risveglio non può essere traumatico. Si chiude così quest'altro fondamentale gradino della carriera del grande Stevie Ray, non prima delle ultime parole sussurrate all'estasiato pubblico che ha anch'esso vissuto il viaggio ultraterreno: "Thank you very much for my best birthday ever...forever, thank you".
Come sempre, grazie di tutto Stevie.
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