C'era una volta in Italia, in terra di mare livornese per la precisione, tanti anni fa, una band che dopo anni di gavetta a suon di hard rock/hard blues, decise di volersi proporre come una delle pricipali portavoci di una nascente utopia: portare l'heavy metal nel belpaese. Quella band prendeva il nome dal luogo dove i fondatori, i fratelli Cappanera ed il bassista Enzo Mascolo, lavoravano per mantenersi e proseguire il loro sogno ritrovandosi alla fine delle giornate lavorative in una sala prove improvvisata all'interno della stessa officina.    

La Strana Officina divenne in breve tempo una delle principali realtà di questo nuovo movimento, un movimento di band, comprendenti tra gli altri anche i più celebrati Vanadium e Vanexa, che aveva appunto l'utopia di trasportare in Italia quel suono duro e metallico che stava finalmente venendo fuori e imponendosi sia negli States che soprattutto in Inghilterra. La "Strana" però si diversificava dalle altre: oltre a mostrare un talento musicale invidiabile, proponeva testi in lingua madre, a differenza di tutte o quasi le altre band loro coetanee.    

Dopo un pò però dovettero anche loro cedere alle pressioni dell'etichetta e, dopo un primo straordinario ep omonimo, si videro costretti a passare (controvoglia) all'inglese. I risultati furono ottimi, ma non più straordinari come prima, non era la stessa cosa insomma.    

L'ascesa della band, lenta ma progressiva, si vide fermata bruscamente e tragicamente il 23 luglio '93, quando i 2 fratelli fondatori perirono in un incidente stradale. Dopo un fallito tentativo di proseguimento col loro nipote Dario e il figlio di Roberto Rolando in loro sostituzione, la svolta arrivò inattesa nel 2006: un inaspettata reunion a oltre 10 anni di differenza per un concerto celebrativo al Gods Of Metal. Doveva essere una reunion temporanea, ma evidentemente questa scosse il gruppo riportando una certa magia al suo interno, tanto da farli decidere di proseguire definitivamente.    

E arriviamo a oggi, alla chiusura del cerchio: "Rising To The Call", album uscito nei primi mesi del corrente 2010. Delle perplessità, seppur magari minime vista la qualità degli eredi, c'erano, inutile negarlo. Troppo grande il peso della storia di quella che viene giustamente ritenuta una leggenda del rock nostrano.    

Le perplessità però svaniscono subito: "In Rock We Trust", epico anthem d'apertura, violento e melodico allo stesso tempo che subito delinea le coordinate di tutto il disco. Immediatamente si raggiunge l'apice del lavoro con questo stupendo pezzo. Il resto del disco però, sia chiaro, non è assolutamente da meno.    

Le forti e decise (ma senza mai far mancare la propria dose di melodia)  "Boogyman", "Night Flyer", "Beat The Hammer", "Gone Tomorrow", "Media Messiah"; le più melodiche "Pyramid", "Life: When It's Gone", mostrano un classico sound hard&heavy che niente ha da invidiare alle celebrate band straniere. Un suono duro e potente quanto basta per soddisfare ogni fan del genere. In chiusura spazio a 2 classici reinterpretati con anche il vecchio Mascolo al basso, purtroppo assente nel resto delle registrazioni per motivi lavorativi: "Amore e Fuoco" e, soprattutto, "Non Sei Normale", inno ribelle che rappresenta da sempre la band toscana che così ha voluto giustamente omaggiare il proprio passato.    

Un lavoro ottimo, senza veri punti deboli, che mostra una band perfettamente affiatata. Un suono pulito e chiaro, una produzione azzeccata, dei musicisti in gran spolvero.    

Una nota a parte la merita lui: Daniele "Bud" Ancillotti, ormai nella notte buia vediamo solo lui, vista l'assenza di Enzo Mascolo dalla quasi totalità delle registrazioni, come detto. Il vecchio grande frontman, nonostante lo status di unico veterano rimasto farebbe pensare all'esatto contrario, pare quasi defilato rispetto agli eredi Cappanera che si presentano pure come co-produttori del lavoro. Anche la copertina è eloquente: i 2 membri storici ai lati e i cugini in mezzo, quasi a sottolineare la loro assoluta centralità nel progetto che loro stessi bloccarono nel '95 per dedicarsi a progetti personali. Un passaggio di testimone. Quasi defilato dicevo, ma la sua presenza si sente e la sua voce rende assolutamente come ai tempi migliori. E questo può bastare.    

Insomma, la Strana degli esordi, quella di indimenticabili pezzi di storia del rock italiano, di pezzi cantati in italiano (anche quì 8 pezzi su 10 sono cantati in inglese con testi scriti da James Hogg), romantici epici e sognanti, non c'è più e da tempo. Ma questa nuova versione della storica band livornese convince, non è forse pienamente all'altezza della propria versione originale, ma merita rispetto e attenzione. Merita soprattutto la stima incondizionata che si è costruita negli anni, perchè la passione non è mai venuta a mancare, e si sente. Un album che mette le cose in chiaro: la Strana, dopo essere morta, è rinata dalle proprie ceneri ed ha ancora molto da offrire. Quanto basta per continuare il proseguimento di un percorso interrotto troppo bruscamente e perfidamente. Perchè, in fondo, il rock è la loro fede. E noi con loro, quindi :"Do you believe in rock n' roll, to this rock we give our soul. Do you believe in rock n' roll, down the road to another show. Do you believe in rock n' roll, in rock we trust now don't you know. Do you believe in rock n' roll, we're the ones who never... let go forever... on with the show forever and ever, all right now".    

Senza mai dimenticare che: "Fabio, Roberto and Marcello, your memory give us the strenght to carry on".     

Elenco e tracce

01   In Rock We Trust (00:00)

02   Non Sei Normale (00:00)

03   Boogeyman (00:00)

04   Pyramid (00:00)

05   Night Flyer (00:00)

06   Beat The Hammer (00:00)

07   Gone Tomorrow (00:00)

08   Life: When It's Gone (00:00)

09   Media Messiah (00:00)

10   Amore E Fuoco (00:00)

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