E se in questo momento non fossi seduto davanti alla tastiera per scrivere una recensione? Se invece fossi in cerca di qualche nuovo disco Black Metal da comprare alla cieca? Mi troverei decine e decine di dischi davanti agli occhi, magari tutti nomi nuovi, mai sentiti e dovrei scegliere a naso, a istinto, dovrei comprare qualcosa che stuzzichi il mio interesse per un semplice fatto di sensazioni visive ed immaginarie. Se mi trovassi in una situazione simile penso che comprerei “Wild Enchanted Gardens” degli Streben, perché è un disco che basta guardarlo per capire che tra le sue note ci sono grandi emozioni, sarà l’estrema eleganza della copertina, sarà quel titolo misterioso e malinconico che sa un po’ di “Giardino Segreto”, sarà quella bambina bionda che curiosa cammina in un prato… non so bene cosa sia, ma una cosa è certa; gli Streben hanno un Background visivo invidiabile.
Ma chi sono questi Streben? Chi negli ultimi ha sondato l’undeground Black Metal italico di sicuro ne ha sentito parlare, per tutti quelli che invece sono a digiuno ci penso io a dare qualche nozione: gli Streben provengono da una terra antica e suggestiva, conosciuta come Sardegna, una regione che dai più è conosciuta per le sue acque cristalline, i locali alla moda e magari anche per la cronaca nera legata a certi ambienti dell’entroterra, ma la Sardegna è molto più di tutto questo; è una terra con molti luoghi isolati e incontaminati lontani dalla massa, una terra in cui la notte è realmente buia e le persone hanno in se tradizioni molto antiche ed è in una terra come questa che nascono gli Streben che non sono altro che un duo di musicisti che rispondono al nome di Cristina Hagalaz (voce, basso, tastiere) e Valker (chitarre elettriche) più alcuni guest che hanno collaborato in studio per la registrazione di batteria e chitarre acustiche.
Fatte queste lunghe seppur doverose premesse si può iniziare a parlare del Black Metal proposto dal combo sardo: si tratta di uno sposalizio tra lunghe composizioni acustiche dove si intrecciano piano e chitarre pulite e partiture distorte dal sapore malinconico ed epico nonostante il suono delle sei corde sia ruvido e gelido, brani come “Embrace of Nostaglia” e “Soul Poetry” ne sono un esempio perfetto. La forza degli Streben sta proprio in questo mix perfettamente calibrato che da un lato della medaglia guarda al passato dal genere con riff tipicamente Norwegian Black e dall’altro lato sperimenta e gioca con sonorità post-rock (in un periodo in cui questo genere mischiato al Black non era ancora di tendenza come oggi) e Progressive Rock. In questo disco Cristina si sbizzarrisce dietro gli strumenti con grande libertà compositiva e adotta molteplici timbri vocali che vanno da una voce parlata tremendamente evocativa a dei micidiali scream alla Cradle of Filth che potrebbero far storcere il naso della maggior parte degli ascoltatori, uno scream di tonalità così alta spesso può risultare addirittura fastidioso per chi non apprezza prestazioni di questo tipo. Io però sono un ascoltatore particolarmente esigente e come tale quando recensisco un lavoro vado a cercare il pelo nell’uovo e anche negli Streben l’ho trovato; la produzione purtroppo non è all’altezza della splendida proposta musicale, campiamoci, è superiore alla media di molti dischi del genere ben più blasonati, ma un suono di migliore qualità avrebbe sicuramente giovato.
“Wild Enchanted Gardens” rimane un disco caldamente raccomandato per chiunque voglia ascoltare un Black Metal che si dissocia dalle regole del genere, non mancano i difetti, certo, ma rimane un album con una grande cura per i dettagli, un background invidiabile e una spanna al di sopra di buona parte di quel che la scena Black propone.
NB: Per tutti i feticisti di curiosità e informazioni ci tengo ad informare che l’artwork del disco è stato curato da Markus Baltes degli Autumnblaze e la bambina che si vede in copertina non è altro che sua figlia.
Elenco e tracce
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