Non capita molto spesso che il debut album di una band Death Metal venga poi annoverato come il migliore (o tra i migliori) della discografia della band stessa. D’accordo, è successo ai Morbid Angel, agli Autopsy, ai Deicide, ai Grave, ai Malevolent Creation e (anche se per motivi ben diversi) ai primi Death e ai Cynic, però da questi cinque newyorkesi non si aspettava un esordio killer come questo.
Lo storico capolavoro “Effigy Of The Forgotten”, dell’anno di disgrazia 1991 (ma guarda un po’ te che coincidenza), è secondo me uno dei tre album Brutal che hanno veramente fatto la storia del genere (gli altri, per chi non l’avesse capito, sono “Tomb Of The Mutilated” dei “cugini” Cannibal Corpse e l’omonimo debutto dei metifici Deicide, da avere assolutamente entrambi!) ed è visto da moltissimi come il vero capolavoro della band (me compreso, anche se bassisticamente preferisco “Pierced From Within”).
Troviamo il quintetto nella sua formazione originaria, ovverosia un magrissimo capellone Frank Mullen alla voce (ancora oggi mi domando come facesse a growlare così, cazzo sarà pesato sì e no 35 kg!), alle due asce i magnifici Doug Cerrito e Terrance Hobbs, al basso l’ottimo Josh Barohn e alla batteria il sovrumano drummer di colore Mike Smith (impressionante, direi).
I cinque non si fanno pregare, e cominciano subito a devastarci i timpani con la spiazzante opener “Liege Of Inveracity”, forse la migliore canzone in assoluto di tutti i tempi dei Suffocation… Il pezzo che realmente racchiude l’essenza del Suffocation-sound: chitarre ultra ribassate e pesantissime che eseguono riffs tecnicissimi, imprevedibili, irregolari e al limite del concepibile, basso veloce e dinamico che rende ancora più intricate le già incasinatissime linee di chitarra, e batteria incredibilmente fluida e precisa nei rapidissimi blastbeats sparati a velocità disumane, alternati con parti più lente, dove il mostruoso Smith dà sfogo alla sua creatività e alla sua altissima preparazione tecnica.
Come non citare poi il growler Frank Mullen…
Il growl che permea l’intero disco è molto differente da quello sentito sulle release successive: parole biascicate ed incomprensibili vomitate con una violenza inaudita che ricordano moltissimo il Chris Barnes di “Butchered At Birth” e “Tomb Of The Mutilated”, con una strana dimensione di pienezza e compattezza vocale addirittura superiore all’ottimo Chris!
Fino alla conclusiva “Jesus Wept” tutto non dico RASENTA la perfezione, ma la SUPERA addirittura: grandi protagonisti del disco sono loro, i Suffocation (notate che partecipa anche come backing growler in un paio di canzoni un ospite d’eccezione, George “Corpsegrinder” Fisher, allora nei Monstrosity e oggi nei Cannibal Corpse), i riffs inconcepibilmente compatti e dinamici scritti in maggior parte da un grandissimo Doug Cerrito (a proposito…Per favore, qualcuno mi saprebbe dire su Dougie è d’origini italiane? Grazie), i fantasiosissimi assoli ultratecnici dei già citati, fantastici chitarristi Cerrito-Hobbs che furono veramente coloro che fecero la fortuna dei Suffocation, il basso, leggermente messo in ombra dagli “altri”, di un comunque ottimo Barohn e la potenza inumana del fenomenale, impressionante Smith (mostruoso, non mi vengono in mente altri aggettivi!) che crea dei muri di suono impenetrabili a base di doppia cassa a manetta e blastbeats a tutta birra.
Niente da dire riguardo alla pesantissima produzione, curata da un mai troppo elogiato Scott Burns (ma che fine ha fatto oggi?).
Questo è uno dei due capolavori dei Suffocation, un grandissimo disco dove la tecnica si fonde con la bravura compositiva e l’attitudine distruttiva, potrei stare qui a parlarvene per ore ma non vi convincerei abbastanza, insomma compratelo punto e basta.

Carico i commenti... con calma